Influenza A: scuole chiuse in Sri Lanka, dubbi sul reale numero di morti in Cina
Zhong Nanshan, direttore del Guangzhou Institute of Respiratory Diseases, afferma che “i dati diffusi dal Ministero della salute cinese rappresentano solo una piccola parte del numero totale degli affetti dal virus”. Cresce il numero dei casi in India, Afghanistan e Nepal. Situazione stazionaria in Thailandia. In Asia i decessi registrati sono 1172.
Colombo (AsiaNews) - Tutte le scuole della Central province dello Sri Lanka saranno chiuse dal 23 novembre a causa della grande diffusione del virus A/H1N1. L'epidemia non si ferma in tutta l'Asia.
 
Tikiri Kobbekaduwa, governatore della provincia, afferma che la “misura precauzionale” è dovuta alla morte di “dieci persone, inclusi bambini e donne in cinta, registrate di recente nella regione”. Il primo decesso nell’isola dovuto all'influenza suina è avvenuto l’8 novembre scorso nella regione di Kandy, una della principali città della Central province. Un 16 enne, affetto da problemi respiratori, è morto dopo quattro giorni di ricovero in ospedale.
 
Almeno 516mila ragazzi  da lunedì resteranno a casa. Per la maggior parte dei genitori la scelta dell’amministrazione provinciale è opportuna, ma provvisoria e non risolutiva. Vincent Ranaweera, padre di tre bambini che frequentano diversi istituti di Kandy, crede che quella della provincia “sia una buona decisione, ma le autorità sanitarie e il Ministro della salute hanno una grande responsabilità nel prendere contromisure efficaci”. Per il signor Ranaweera la chiusura della scuole non risolve il problema. “Invece di spendere soldi per tante cose inutili - egli dice - il governo dovrebbe spendere soldi per importare vaccini e cure per salvare la popolazione”.
 
Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della salute (Oms) lo Sri Lanka è uno dei Paesi della regione dell’Asia del sud in cui si sta registrando un aumento della diffusione del virus. Stessa tendenza è rilevata in India (537 mori e oltre 16mila casi di infezione), Afghanistan (780 casi e 14 decessi) con le scuole chiuse per tre settimane a inizio novembre, e Nepal (47 contagi, ma nessun decesso). In Bangladesh, Myanmar e Maldive, dove il virus ha avuto fino ad ora un basso impatto, la diffusione dell’epidemia dà segni di regressione.
 
Situazione diversa in Thailandia, uno dei Paesi più colpiti dal virus. L’Oms afferma che, al 16 novembre, la situazione è stazionaria anche se i contagi sono quasi a quota 29mila e le morti 185, l’ultima delle quali registrata però due settimane fa.
 
I dati diffusi il 20 novembre dallo European Center for disease prevention and control (Ecdc) rilevano che nei Paesi dell’Asia i decessi registrati sino ad oggi sono 1172. Oltre a Thailandia e India, i Paesi più colpiti sono Corea del sud (82), Malaysia (77) e Filippine (44).
 
Un discorso a parte va fatto per la Cina dove l’Ecdc registra un totale di 96 casi: 40 ad Hong Kong, 2 a Macao ed i restanti 53 sul continente.
 
In una intervista apparsa oggi su The Southern Metropolis News, Zhong Nanshan, direttore del Guangzhou Institute of Respiratory Diseases (Gird), afferma che la cifra ufficiale dei morti per influenza A sul continente non è attendibile. Zhong, in prima linea nel 2003 contro l’epidemia di Sars, lamenta che “alcune regioni non hanno seguito i test adeguati su alcuni decessi per polmonite grave, trattandoli come casi ordinari”. Queste carenze ridurrebbero il numero dei morti causato dal virus A/H1N1. Per il direttore del Gird “i dati diffusi dal Ministero della salute rappresentano solo una piccola parte del numero totale degli affetti dal virus”.
 
Le dichiarazioni di Zhong hanno messo in allarme il governo di Pechino. Va detto che a inizio novembre il Ministero della salute ha introdotto un nuovo metodo di controllo e calcolo del numero di infezioni e morti da virus A/H1N1. Il protocollo precedente si basava su parametri antiquati che spesso registravano i decessi di influenza suina come polmoniti gravi o problemi respiratori acuti. Per rispondere alla denuncia fatta da Zhong, il Ministero prevede severe punizioni per chi non applica il nuovo sistema, necessario anche per definire la strategia di vaccinazione in atto. Entro la fine dell’anno dovrebbero essere vaccinate 80-90 milioni di persone, meno del 10% della popolazione.
 
(ha collaborato Melani Manel Perera)