Maguindanao, dopo il massacro Arroyo dichiara lo stato di emergenza
Il provvedimento esteso alla città di Cotabato e alla provincia di Sultan Kudarat, a Mindanao. All’esercito ampi poteri di arresto e prevenzione dei crimini. Sale a 22 il bilancio delle vittime dell’attacco a parenti e sostenitori di Ishmael “Toto” Mangudadatu. Il governo assicura che verrà fatta giustizia.
Manila (AsiaNews/Agenzie) – La presidente filippina Gloria Macapagal-Arroyo ha dichiarato lo stato di emergenza nella città di Cotabato e nelle province di Maguindanao e Sultan Kudarat, a Mindanao. Intanto sale a 22 il bilancio delle vittime accertate dell’attacco di ieri a Maguindanao, che ha colpito parenti e sostenitori di Ishmael “Toto” Mangudadatu, vice-sindaco di Buluan e candidato alla carica di governatore della provincia.
 
Cerge Remonde, responsabile dei rapporti con la stampa dell’ufficio presidenziale, conferma il “bisogno urgente di prevenire il ripetersi di altri incidenti analoghi”. Lo stato di emergenza concede all’esercito e alla polizia ampi poteri di arresto e prevenzione dei crimini. Ronaldo Puno, Ministro degli interni, sottolinea che le indagini verranno chiuse entro un paio di giorni e annuncia una serie di arresti. “Abbiamo informazioni precise sui nomi – aggiunge – non solo di chi ha ordinato, ma anche di quelli che hanno eseguito il massacro”.
 
Il bilancio dell’imboscata contro il clan di Ishmael “Toto” Mangudadatu è salito a 22 morti, di cui 14 donne e 8 uomini. Fra le vittime vi è anche Genalyn Mangudadatu, moglie del candidato alla poltrona di governatore. Romeo Brawner, portavoce militare, riferisce che il numero è destinato a crescere, perché “oggi ci aspettiamo di recuperare altri cadaveri”.
 
La brutalità dell’attacco, dietro il quale vi sarebbe la mano di Andal Ampatuan, attuale governatore della provincia di Maguindanao e capofila di una famiglia rivale, ha sconvolto le Filippine. Un fotografo della Reuters riferisce di aver visto cadaveri con ferite da taglio e proiettili. Una parte delle vittime aveva le mani legate dietro la schiena; una donna era incinta. Otto fra le vittime erano giornalisti locali, al seguito del convoglio – una quarantina di persone in tutto – diretto agli uffici della Commissione elettorale provinciale di Shariff Aguak.