Massacro a Maguindanao: il sospettato numero uno è alleato della Arroyo
Andamal Ampatuan Jr, sindaco di Datu Unsay e figlio dell’attuale governatore provinciale, avrebbe guidato il gruppo che ha compiuto la strage. Il bilancio aggiornato è di 52 morti. Giornalista filippino: molte zone del Paese guidate da “signori della guerra” creati e sostenuti dal governo per “assicurarsi i voti”.
Manila (AsiaNews/Agenzie) – È un alleato politico della presidente filippina Gloria Macapagal-Arroyo, il sospettato numero uno del massacro avvenuto il 23 novembre scorso nella provincia di Maguindanao, nell’isola di Mindanao. Intanto il bilancio della strage si fa sempre più pesante: 52 morti, dopo il ritrovamento di altri sei cadaveri in una fossa comune.
 
Un rapporto della polizia indica in Andamal Ampatuan Jr, sindaco di Datu Unsay e figlio del governatore provinciale, il comandante del gruppo che ha assaltato parenti e sostenitori di Ishmael “Toto” Mangudadatu, vice-sindaco di Buluan e candidato alla carica di governatore della provincia. Ampatuan è membro della coalizione Lakas-Kampi-CMD, che sostiene il governo Arroyo. Durante le scorse elezioni il padre Andal Ampatuan Sr, uomo politico molto influente nella zona, ha assicurato i propri voti per l’elezione della presidente.
 
Ad aumentare i sospetti verso il clan Ampatuan, il fatto che il massacro è avvenuto in un villaggio poco distante da una cittadina che porta proprio il loro nome. Il capo-famiglia ha guidato per tre mandati il governo provinciale e, alle prossime elezioni, aveva designato il figlio quale successore. La candidatura di Ishmael Mangudadatu costituiva un pericolo per il mantenimento del potere. Fra le vittime vi sono anche la moglie Genalyn Mangudadatu, altre 14 donne e 18 giornalisti al seguito del gruppo.
 
Ban Ki-moon, segretario generale delle Nazioni Unite, ha condannato il “crimine ignobile” commesso “nel contesto di una campagna elettorale locale”. Egli chiede che venga profuso “ogni sforzo possibile” per assicurare “i responsabili alla giustizia”.
 
Marites Vitug, direttore di Newsbreak e autore di diversi libri su Mindanao, spiega che le “Filippine sono tuttora guidate da clan e signori della guerra” e queste persone sono “mostri creati e alimentati dalla presidente Arroyo e dai precedenti governi”. Il governo centrale è “debole” in molte aree e compra i voti “assicurando il sostegno ai patriarcati locali”.
 
Ieri il governo ha dichiarato lo stato di emergenza nella città di Cotabato e nelle province di Maguindanao e Sultan Kudarat, a Mindanao. Le autorità hanno anche arrestato Abusana Maguid, capo della polizia provinciale, e hanno stanziato più di mille soldati nella zona. Il timore è che la strage di lunedì sia solo la prima di una lunga serie, in vista delle elezioni politiche e amministrative in programma nel maggio 2010.