Attese e speranze nella Chiesa vietnamita per la visita del presidente Triet al Papa
di Nirmala Carvalho
Per la comunità cattolica del Paese, che raccoglie il 6,5% della popolazione, la situazione è migliorata negli ultimi anni, anche se non c’è piena libertà religiosa. Il quadro della situazione tracciato in una conversazione con AsiaNews da padre Theodore Mascarenhas, funzionario del Pontificio consiglio della cultura.
Mumbai (AsiaNews) – L’annuncio che il presidente del Vietnam, Nguyen Minh Triet, si recherà in visita da Benedetto XVI, l’11 dicembre, ha fatto subito parlare della possibilità dell’annuncio di rapporti diplomatici o di un invito a Benedetto XVI a visitare il Paese. Nel dare l’annuncio, venuto ieri da Hanoi, il portavoce del Ministero degli esteri Nguyen Phuong Nga, ha infatti parlato di “misure per rinforzare i rapporti”, il che vuol dire tutto e niente.
 
La visita del presidente vietnamita cade a quasi tre anni da quella compiuta il 5 gennaio 2007 in Vaticano dal primo ministro vietnamita Nguyen Tan Dung, primo premier di Hanoi ad essere ricevuto da un papa. Allora si parlò di “un nuovo e importante passo verso la normalizzazione dei rapporti bilaterali”.
 
Ma Triet andrà in Vaticano anche durante un periodo particolare per la Chiesa del suo Paese, che dal 24 novembre (nella foto: la cerimonia di apertura) festeggia un giubileo particolare, per i 350 anni della evangelizzazione e i 50 anni della istituzione della Conferenza episcopale. Un anno nel quale i cattolici sperano di poter incontrare il Papa.
 
Nel Paese, peraltro, la realtà della Chiesa è migliorata negli ultimi anni, anche se essa non gode di piena libertà religiosa, a causa dei numerosi ostacoli che il governo comunista continua a porre e che vanno dalle nomine dei vescovi alle ordinazioni dei sacerdoti, alla loro stessa attività pastorale. Ciò nonostante, la Chiesa cresce sia nelle sue attività siocio-educative, sia nel campo della diffusione della fede.
 
E’ il quadro che, in occasione del Giubileo della Chiesa vietnamita, padre Theodore Mascarenhas, funzionario del Pontificio consiglio della cultura, ove è incaricato ai Asia, Africa e Oceania, traccia in una conversazione con AsiaNews.
 
“La Chiesa in Vietnam – dice – è una Chesa in crescita. A dispetto del fatto che i cristiani non hanno veramente la libertà religiosa che dovrebbero avere e malgrado le difficoltà che deve affrontare, la Chiesa cresce. I rapporti tra la Chiesa e il governo, in un Paese comunista non sono mai facili. Ma ci sono tentativi di collaborazione a livello locale e, in alcune occasioni, anche a livello nazionale”.
 
“In questo Paese, ove ‘Dio piange”, la Chiesa ha fatto rapidi progressi, non solo in termini di attività socio-educative, ma anche per la sua propria crescita. Negli ultimi sette anni c’è stato un incremento del 15,73% della popolazione cattolica (la crescita della popolazione nel Paese è del 14,59%). Questo significa un aumento marginale rispetto a quella della popolazione, I cattolici restano una minoranza, che costituisce all’incirca il 6,5% della popolazione”.
 
“Molto incoraggiante è il lavoro di evangelizzazione tra i gruppi etnici delle montagne. Tra loro, in 80 anni di evangelizzazione, il numero di cristiani è cresciuto in modo considerevole. Grande merito va dato ai missionari, che fin dall’inizio si sono impegnati ad apprendere i dialetti della gente delle montagne e a familiarizzare con le tradizioni e I costumi di quelle popolazioni. Oggi, tutti i libri del Nuovo Tetsamento e una gran parte di quelli del Vecchio sono stati tradotti nelle loro lingue. Una grande importanza ha avuto anche la presenza tra i lebbrosi e l’impegno per l’educazione”.
 
“La Chiesa ha molto sofferto in Vietnam, fin dall’inizio della evangelizzazione, nel XVI secolo. Nel 1625 cominciò la prima persecuzione dei cattolici e nel 1630 Francis, un dipendente della Corte reale, fu decapitato e divenne il primo martire vietnamita. Nel 1633 fu espulso l’ultimo gesuita. Ci fu poi un periodo di relativa calma, fino al 1975, quando, dopo l’invasione del Sud da parte dei comunisti del Nord, il Paese fu unificato. Noviziati e seminari furono chiusi, le scuole cattoliche nazionalizzate, il vescovo coadiutore di Saigon, mons. Francis Nguyen Van Thuan, (che poi è stato fatto cardinale e ha guidato il Ponticio consiglio giustizia e pace) imprigionato, il delegato apostolico espulso e ci furono interferenze nelle nomine dei vescovi. I contatti tra la Santa Sede e i vescovi divennero difficili, centinaia di sacerdoti furono imprigionati e più di 500 lasciarono il Paese”.
 
In quel clima di paura, il governo creò anche una Associazione patriottica, sul tipo di quella cinese. Essa, spiega padre Mascarenhas, “nacque nel marzo 1955 come Comitato di collegamento per i cattolici patriottici e amanti della pace. All’inizio, un numero significativo di cattolici vi aderì. Ma quando, nel dicembre del 1976 durante una speciale celebrazione fu eliminata la preghiera per il papa, la Santa Sede scrisse una lettera nella quale si diceva ai sacerdoti che avevano al Comitato di dimettersi”. “Quando il governo vide il fallimento dell’iniziativa dette il via a una politica di repressione contro sacerdoti e fedeli e di confisca delle proprietà della Chiesa”. Dopo vari cambiamenti, l’Assciazione esiste ancora, “ma non ha alcune influenza sostanziale”.
 
“Le cose sono incominciate a migliorare negli anni ’80. Nel 1980 si tenne la prima assemblea plenaria della Conferenza episcopale. Per tenerla fu nmecessario chiedere il permesso del governo e l’agenda dei lavori fu minuziosamente esaminata e persino le lettere pastorali venivano ‘corrette’ dal governo. Nello stesso anno due gruppi di vescovi poterono compiere la visita “ad limina” a Roma, il 17 giugno e il 9 settembre. Nel 1990 per la prima volta una delegazione della Santa Sede, guidata dal cardinale Roger Etchegaray potè compiere una visita nel Paese. Ne sono seguite altre 15, l’ultima dal 16 al 21 febbraio 2009. Nel 1995, il vice primo ministro finalmente riconobbe pubblicamente il grande contributo dato da padre Alexandre de Rhodes all’educazione in Vietnam”.
 
Insomma, “anche se c’è un migloramento della situazione, le attività della Chiesa sono ancora tenute d’occhio e controllate dal governo”. I probleami, nota padre Mascarenhas riguardano: “le nomine dei vescovi; l’ordinazionae dei sacerdoti: fino al 2000, I candidati al seminario dovevano chiedere l’autorizzazione delle autorità locali e provinciali. Un permesso serviva anche per l’esercizio dell’ufficio dopo l’ordinazione. Questa situazione è notevolmente migliorata”.
 
Con uno sguardo d’insieme, padre Mascarenhas nota come “nel Paese la partcipazione alla messa è davvero alta, e non solo alla domenica, ma ogni giorno. Nella aree rurali crescono le vocazioni, che mancano in città. C’è anche carenza di formatori. I religiosi mostrano una grande desiderio di rinnovamento e di studio della Parola. C’è una differenza di mentalità tra il Nord e il Sud. Il Nord sembra non essersi del tutto aperto allo spirito del Vaticano II. Il Sud mostra maggiore disponiblità al dialogo”. Di particolare rilievo, infine, il lavoro della Chiesa in campo culturale, con la traduzione di documenti e libri, in primo luogo dell’Approccio pastorale alla cultura. Di rilievo il lavoro del Centro culturale cattolico.che ha il progetto di creare una grande struttura a Ho Chi Minh City”.