Paesi in via sviluppo principali vittime dei cambiamenti climatici
di Santosh Digal
A Copenhagen i delegati filippini denunciano danni per 4 miliardi di dollari prodotti dai tifoni frutto del riscaldamento globale. Paesi sviluppati invitati a compiere maggiori sforzi per ridurre le emissioni inquinanti. In Nepal buddisti e indù offrono preghiere per la buona riuscita della conferenza.

Manila (AsiaNews) –  Al summit sul clima, in corso in questi giorni a Copenhagen la delegazione filippina denuncia i gravi danni prodotti dal riscaldamento globale e invita le Nazioni sviluppate ad una “maggiore responsabilità” nel taglio delle emissioni.  Intanto in Nepal migliaia di indù e buddisti pregano sullo stesso altare per il successo della conferenza. 

“Le Filippine sono il Paese più colpito dai cambiamenti climatici”, afferma  il Ministro dell’ambiente Jose L. Atienza. A prova di ciò egli cita il passaggio dei tifoni Ketsana, Parma, Liput e Mirinae che nei mesi scorsi hanno provocato danni all’economia per 4 miliardi di dollari, pari al 2,6% del Pil nazionale.

Per il ministro “ è compito dei Paesi sviluppati compiere i passi necessari per ridurre l’inquinamento globale”.  “La nostra responsabilità nella emissione  dei gas inquinanti – continua - è minima  e minimo sarà il nostro ruolo nel taglio delle emissioni”. Egli sottolinea invece la sua volontà nel sostenere nelle Filippine progetti sulle energie rinnovabili e informa che 40 sono già stati attivati in questi anni. Secondo un recente studio pubblicato dalla Banca mondiale, dal titolo “A climate for change in East Asian and the Pacific” le Filippine producono circa lo 0,35% dei gas serra. La  tendenza non cambia in altri Paesi asiatici in via di sviluppo, come Indonesia, Thailandia e Malaysia dove il livello di emissioni pro-capite non supera le 10 tonnellate al metro cubo. Nonostante ciò oltre l’80% dei danni imputati ai cambiamenti climatici grava su di loro.

Altra regione dell’Asia che vive da vicino i problemi legati ai mutamenti climatici è quella Himalayana. Secondo alcuni esperti, gli effetti del cosiddetto riscaldamento globale sull’Himalaya avrebbero conseguenze su più di un miliardo di abitanti dell’Asia del sud. L’approvvigionamento idrico delle popolazioni del subcontinente indiano dipende in gran parte dai fiumi che nascono dalla catena montuosa più alta del mondo.

Preoccupati per i cambiamenti climatici, migliaia di cittadini nepalesi hanno pregato lo scorso 7 dicembre a Kathmandu per i propri delegati al summit. Sullo stesso altare monaci buddisti e sacerdoti indù hanno offerto le cosiddette “6 preghiere per la terra”: Lok pujas per la tradizione buddista e Swastika mantra per quella indù.  Il Nepal è, infatti uno dei Paesi più attivi nella sensibilizzazione sulle tematiche legate al clima. Oltre a ospitare iniziative di carattere scientifico come quelle del Centro internazionale per l’integrazione e sviluppo montano (ICIMOD), molto si è fatto in questi anni per attirare l’attenzione del mondo sulla questione himalayana, soprattutto in vista del summit di Copenhagen. Un esempio sono le sedute del governo compiute alle pendici dell’Everest e le conferenze fatte in queste settimane in Europa e America da decine di scalatori nepalesi.

(Ha collaborato Kalpit Parajuli)