Diritti umani in India calpestati da estremismo, discriminazione religiosa e sociale
di Nirmala Carvalho
Per l’attivista Lenin Raghuvanshi “la situazione dei diritti umani in India è vergognosa”. Sotto accusa il fondamentalismo religioso, ma anche “le torture della polizia” ed il “collasso del sistema giudiziario”. Il Paese soffre un “atteggiamento mentale”che colpisce soprattutto i più deboli e le minoranze non indù.
Mumbai (AsiaNews) - “La situazione dei diritti umani in India è vergognosa” a partire dalla “mancanza di libertà religiosa” e “dalle condizioni in cui vivono le fasce più deboli della società”. Lenin Raghuvanshi, direttore del Peoples' Vigilance Committee on Human Rights (Pvchr), non usa mezzi termini per descrivere la realtà della difesa della persona e dei suoi diritti di base nel Paese che si definisce la più grande democrazia del mondo.
 
Il vincitore del Gwanju Human Rights Award 2007,afferma che in India i diritti umani sono sottoposti ad attacchi continui da più fronti. Da un lato “le torture della polizia” ed il “collasso del sistema giudiziario a livello di base”, dall’altro l’estremismo dei movimenti ribelli e secessionisti ed “il fondamentalismo religioso” alimentato anche da alcuni partiti politici.
L’edizione 2010 della Giornata per i diritti umani , che si celebra oggi, dedicata alle minoranze, mette ancor di più a nudo la situazione del Paese. In India, a fare le spese delle violazioni sistematiche sono soprattutto le fasce più deboli della società. Raghuvanshi parla di dalit, donne e bambini, realtà che non sono minoranza dal punto di vista numerico, ma sono ridotte ad esserlo dal punto di vista civile e sociale. E poi solleva il grave problema delle minoranze religiose. “La libertà religiosa è un diritto umano fondamentale”, afferma il presidente del Pvchr, ma “nonostante essa sia garantita dalla costituzione, nella realtà la  situazione è ben diversa”.
 
In India le minoranze religiose sono spesso schiacciate tra “il sistema feudale delle caste dominanti indù” e “le forze estremiste indù che si oppongono alla libertà di religione nel Paese”. Per l’attivista, questi due fenomeni esprimono in modo diverso lo stesso “atteggiamento mentale” che trova spesso connivente o inerte la classe politica e fa proseliti anche all’interno delle forze di sicurezza e del sistema giudiziario.
 
Il presidente del Pvchr cita ad esempio il caso della città santa di Varanasi dove la quantità di denuncie contro la polizia e contro i membri dell’organizzazione indù Rashtriya Swayamsevak Sangh (Rss) si equivalgono. Ricorda poi le violenze anti-musulmane del Gujarat ed i pogrom contro i cristiani nel Kandhamal.
 
Davanti a questa situazione Raghuvanshi chiede alle istituzioni pubbliche di mettere mano ad “una riforma complessiva della polizia” e ad una “sburocratizzazione di organismi come la Commissione nazionale per i diritti umani”. Guardando alla società civile auspica la fine delle violenze dei ribelli maoisti e del fondamentalismo religioso. “Senza cambiamenti su questi fronti - dice il presidente del Pvchr -  la situazione dei diritti umani nel Paese rischia di deteriorare in tragedia”.