Speranze e timori nei cattolici vietnamiti per la visita di Triet al Papa
Da una parte si spera nel miglioramento della situazione di una Chiesa che ha molto sofferto e molto soffre, dall’altro si teme che il governo ottenga molto e non dia niente. Così c’è chi sottolinea il seppur parziale miglioramento della libertà religiosa e chi ricorda sopraffazioni, soprusi e violenze che ancora continuano.
Ho Chi Minh City (AsiaNews) – Speranza e qualche timore suscita nei cattolici vietnamiti la visita che il presidente vietnamita Nguyen Minh Triet rende domani a Benedetto XVI. A parte le attese per qualche annuncio sui progressi per i rapporti diplomatici e il desiderio di una visita del Papa, da un lato si spera che la Santa Sede, come accaduto in passato, riesca a ottenere un po’ più di libertà per una Chiesa che ha molto sofferto e molto soffre ancora, dall’altro c’è il timore che il governo riesca ad avere quell’avallo internazionale che deriva dai buoni rapporti con il Vaticano, senza dare in cambio nulla di concreto.
 
C’è così chi sottolinea come da quando, nel 1989, sono cominciate le visite - più o meno a cadenza annuale - di delegazioni della Santa Sede in Vietnam, si ha un po’ più di libertà religiosa. Da una parte, cioè, si guarda a quanto evidenzia un documento recentemente diffuso dal cardinale di Ho Chi Minh City, Pham Minh Man, per il quale, dopo le dure restrizioni seguite all’unificazione del Paese da parte dei comunisti, nel 1975, ora la sua diocesi ha più di 190 strutture come giardini di infanzia, scuole professionali, centri caritativi e umanitari e che ci sono 180 seminaristi e 300 aspiranti.
 
Dall’altra, si fa presente che negli ultimi due anni i media statali hanno ritratto alcuni vescovi e sacerdoti come “agitatori” che hanno “incitato sommosse, rivolto false accuse al governo, mostrato disprezzo per la nazione, infranto e ridicolizzato la legge e istigato i loro seguaci a violarla”. Accuse che sono riesplose proprio alla vigilia dell’incontro del Papa con il presidente Triet. A questo si aggiungono numerosi fatti, dall’impossessamento di beni ecclesiastici a minacce e addirittura violenze contro sacerdoti e laici che non si sono adeguati alle “indicazioni” delle autorità.
 
Il tema della possibilità di dialogo tra Chiesa e autorità civili è stato anche al centro di un seminario tenutosi il 28 novembre a Ho Chi Minh City, nel corso del quale è stata apertamente respinta l’idea, suggerita dai media statali, che tra i cattolici cresce la tendenza a scegliere lo scontro, invece del dialogo.
 
“Abbiamo bisogno – ha commentato mons. Paul Bui Van Doc, vescovo di My Tho - di concrete indicazioni della Santa Sede quando troviamo a confrontarci con questioni sensibili, nelle quali un piccolo errore potrebbe causare un enrome danno alla Chiesa del nostro Paese”.
 
In effetti, per poter sopravvivere e crescere la Chiesa vietnamita non ha altra scelta se non la “sana collaborazione” con lo Stato, attraverso il dialogo, come ha detto Benedetto XVI il 7 giugno, in occasione della visita “ad limina” dei vescovi vietnamiti. Il problema viene da cosa il governo intende per collaborazione. Subito dopo l’unificazione nacque un “Comitato per la solidarietà dei cattolici vietnamiti”, sostenuto dalle autorità. A Natale del 1976, durante la messa, i sacerdoti ad esso aderenti eliminarono dal rito la preghiera per il Papa. L’intenzione, evdente, era di cominciare a spezzare i legami con Roma, seguendo l’esempio della Cina. E ancora oggi, mentre la Chiesa non ha il permesso di pubblicare un proprio giornale, il Comitato - peraltro assolutamente marginale nella sua influenza sui cattolici - riceve sussidi per diffondere perodici nei quali si leggono articoli che, a nome della Chiesa, attaccano il Vaticano e il Papa.
 
Un’altra forma di “collaborazione” riguarda i beni della Chiesa. Lo sviluppo economico seguito alla scelta del governo di aprire il Paese all’economia di mercato ha fatto salire vertigionosamente il valore dei terreni. In più occasioni, a partire dalla vicenda della ex delegazione apostolica di Hanoi, le autorità locali se ne sono impossessate e, di fronte alle richieste di dialogo da parte di vescovi e fedeli laici, è stato risposto con violente repressioni di pacifiche veglie di preghiera, demolizioni dei beni in discussione, cessione, più o meno camuffata, a società private per farne alberghi o centri commerciali. A volte, per giustificare simili espropri, si sono vantate mai avvenute donazioni allo Stato.
 
D’altro canto, non si può negare qualche segno positivo, come la possibilità finalmente concessa ai cattolici di Son La di poter finalmente celebrare la messa per Natale o Pasqua. Significativo il già detto documento del card. Pham Minh Man, che lo stesso porporaato definisce esemplificativo della situazione dell’intero Paese..
 
Nel 1975, ricorda, nella sua diocesi, che allora si chiamava ancora Saigon, 400 centri educativi, medici, caritativi e umanitari “sono scomparsi. Così non c’erano più scuole cattoliche, che erano luogi i insegnamento della dottrina, di educazione alla fede per i giovani. Sono ugualmene scomparsi i centri ospedalieri e quelli umanitari e caritativi cattolici. Le organizzazioni che garantivano tali attività sono state sciolte”. Di conseguenza, la stessa pastorale è cambiata concentrandosi “sul centro e il culime della vita cristiana, il Signore Gesù”. Anche le famiglie e le comunità cristiane hanno dedicato molto più tempo alla preghiera. “L’umiltà di questi testimoni del Vangelo poco a poco ha modificato l’atteggiamento verso la Chiesa da parte di numerose persone. La Chiesa che era fino ad allora guardata dall’esterno e considerata ostile è divenuta una organizzazione capace di contribuire al servizio del popolo e allo sviluppo della nazione”.
 
“Oggi, la diocesi conta 200 parrocchie, con 5.289 membri dei consigli pastorali, 6.254 catechisti volontari, 900 corali, 25 associazioni apostoliche laiche, con più di 90mila aderenti. Il 90% dei cattolici partecipa alla messa domenicale e il 100% dei banbini seguono corsi di catechismo fin a dopo la cresima. Il seminario maggiore ha 180 studenti provenienti da tre diocesi. La nostra diocesi ha anche una classe propedeutica con 300 aspiranti al seminario maggiore”.
 
“In diocesi ci sono 85 tra congregazioni religiose, istituti religiosi e secolari. Le comunità religiose raccolgono in totale 5.040 religosi e religiose”.
 
“Fino a oggi, progressivamente, la nostra diocesi ha aperto 190 centri come giardini di infanzia, scuole professionali, strutture caritative e umanitarie che si sforzano di rispondere alle necessità dello sviluppo del Paese e, allo stesso tempo, di sormontare le conseguenze nefaste dello sviluppo”.
 
(Ha collaborato J.B. An Dang)