Gesù nasce anche nell’Orissa ferita
di Thomas Chellan
“Non abbiate paura”: le parole dette dall’angelo ai pastori la notte di Natale sono un messaggio per i cristiani che hanno subito violenze e persecuzione e che faticosamente tentano di ricostruire le case bruciate e, soprattutto, nuovi rapporti con i loro vicini. La violenza in nome della fede è una negazione dell’anima dell’India.
Padre Thomas Chellan è il sacerdote indiano che il 25 agosto 2008, all’inizio del pogrom anticristiano in Orissa, è stato assalito da  un gruppo di circa 50 estremisti indù lo hanno picchiato, malmenato, ferito, denudato, usando bastoni, piedi di porco, asce, lance. Con lui, una suora ha subito le stesse violenze. Il 23 maggio di quest’anno ha ricevuto il premio “Defensor Fidei” 2009. Istituito dalla Fondazione “Fides et Ratio” e dal mensile cattolico “Il Timone”, il premio è stato assegnato al sacerdote indiano per la sua testimonianza di fede. Il. Nel discorso di ringraziamento, padre Thomas ha affermato che la fede cristiana è la strada attraverso cui l’India e i Dalit possono svilupparsi. Egli ha ricordato con gratitudine anche il lavoro dei missionari che lo hanno preceduto, spargendo “il seme della Chiesa universale” e chiesto di non guardare ai fedeli di Kandhamal solo con “pietà”, ma di “imitarli nella loro fede”. AsiaNews gli ha chiesto una riflessione per il Natale.
 
New Delhi (AsiaNews) - Natale è la storia della collaborazione degli uomini con Dio per realizzare il suo progetto per il mondo – un salvatore che cerca aiuto per salvare. Un certo numero di persone hanno avuto ruoli specifici per rendere possibile la venuta di Dio sulla Terra. L’angelo, Maria, Giuseppe, i pastori e il re giocano il loro ruolo fedelmente, secondo i desideri divini. Tutti loro sono stati pronti a lasciare i loro impegni per collaborare al progetto di Dio. Ognuno di loro era stato preparato per il suo ruolo, abbastanza per fare ciò che veniva loro richiesto. Era come una corsa a squadre, una missione comune nella quale ognuno di loro aveva un ruolo significativo. Nessun si è rifiutato di accettare la sua responsabilità, mettendo questa o quella scusa, come “Sono davvero impegnato” o “Non ho tempo”. Si sono sentiti coinvolti nella missione di Dio e hanno svolto il loro compito. E’ la storia di Dio, un angelo e una creatura umana in dialogo tra loro. Oggi, nella nostra vita quotidiana, viviamo l’esperienza di contrasti, minacce e disunione nelle nostre famiglie, nella nostra Chiesa e in generale nella società. Questo perché manca la cooperazione. Quando c’è, possiamo sperimentare la presenza di Dio tra noi. Egli chiede a un maggior numero di persone di unirsi alla sua missione.
 
Natale è comunicare la gioia della venuta di Dio sulla Terra. E’ il messaggio che infonde la speranza nell’uomo, invece dell’odio e delle minacce alla vita. Si vede ciò che si udì: l’angelo che annuncia ai pastori “un salvatore è nato” (Lc. 2,11). I pastori dissero tra loro “Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere” (Lc. 2,15). E andarono per comunicare agli altri questa notizia di gioia. I pastori non rimasero come semplici ascoltatori dell’angelo, non rimasero spettatori, ma divennero annunciatori, proclamando Gesù agli altri. Ora hanno la nuova identità delle persone che hanno visto il Salvatore, la gente si affolla intorno a loro e furono stupiti (Lc. 2, 17).
 
In realtà, Dio non ha trovato un riparo per nascere, ha trovato un posto nel cuore degli uomini. Ha scelto di nascere in uno spazio aperto, nel quale tutti possano avere facile accesso. Oggi, le case sono luoghi chiusi con persone con menti chiuse, senza rapporti con i vicini, né con il mondo di fuori. Il primo Natale continua, la stessa strada anche ai giorni nostri. I media attirano la nostra attenzione su quanto accade nel mondo fuori di noi. Ci sono migliaia di persone che lasciano la loro casa e i loro beni per motivi sociali, religiosi, razziali e linguistici. Che dire della difficile situazione dei rifugiati e dei lavoratori migranti? Sono molti di più di Giuseppe e Maria che cercavano un riparo per far nascere loro figlio. Maria e Giuseppe non facevano pianificazione familiare, non avevano un sicuro progetto di redditi, tutti i loro calcoli erano fondati solo su Dio. Sebbene non potesse provvedere a un rifugio adatto per Gesù, Maria lo accolse nel suo ventre, gli permise di nascere attraverso di lei. Oggi abbiamo la pianificazione familiare, redditi garantiti, condizioni di vita calcolate, ma non c’è posto per ascoltare lui che vuole nascere. Oggi sono fermati o uccisi anche dopo che sono nati.
 
“Non temere” è il messaggio di Natale per la comunità cristiana dell’Orissa, e specialmente per quella del distretto di Kandhamal. L’angelo disse a Giuseppe di non temere di prendere Maria come sua sposa (Mt. 1, 20) . Non abbiate paura, sono qui per portarvi una buona notizia, una grande gioia per tutti, disse l’angelo ai pastori. Le parole dell’angelo, “non temere” spinsero Giuseppe a cambiare il suo pensiero, lo stesso messaggio convinse i pastori ad andare a Betlemme e tornare proclamando coraggiosamente alla gente la notizia che Gesù era nato.
 
La comunità cristiana nel distretto di Kandhamal è stata vittima di violenti attacchi nel dicembre 2007 e nell’agosto 2008. In assalti ben pianificati numerose persone hanno perso la vita, migliaia di case sono state bruciate e di proprietà sono state distrutte, la gente ha cercato rifugio nella foresta e ha cercato protezione dalle autorità civili. Hanno passato almeno un anno nei campi profughi. Le chiese e le altre istituzioni cristiane sono state incendiate e sono ancora abbandonate.
 
E’ incoraggiante notare come in mezzo a tali indicibili sofferenze e all’incertezza del futuro la comunità cristiana continua ad andare avanti, mostrando la sua fede con coraggio e convinzione. Si preparano a celebrare il Natale in strutture temporanee, costruite con canne di bambù e teli di plastica. Sì, vanno avanti con il messaggio dell’angelo “non abbiate paura”. Ora i campi profughi sono stati chiusi, la gente è tornata ai suoi villaggi e cerca di ricostruire le sue case. Per loro, guardare indietro mostra il buio tutto intorno, al tempo stesso, guardare avanti è un raggio di speranza, la gioia del Natale. Vedono un amico in Gesù che non ha avuto una casa per nascere, è dovuto fuggire con i suoi genitori in Egitto per salvarsi la vita come loro, che hanno dovuto lasciare tutto e trovare scampo nella foresta e nei campi profughi.
 
Mentre ricostruiscono le loro case, cercano di costruire nuovi rapporti e migliorare riparare quelli innaturali con i vicini. Nella Bibbia vediamo Abramo spostarsi in un nuovo luogo e Giacobbe costruire un nuovo tempio, a mostrare la rinnovata esperienza di Dio nella loro vita. Ugualmente, vivere nelle case ricostruite offre l’esperienza di una rinnovata presenza di Dio nel distretto di Kandhamal. Un Dio che vuole irradiare la sua gioia e la sua pace a tutti, rompendo tutte le barriere di casta e credo.
 
L’India è la terra delle religioni. Ha una lunga storia di presenza e di eredità religiosa. E’ il luogo di nascita dell’induismo, del buddismo e del giainismo, le persone di tutte e fedi vivono in armonia, cooperazione e comprensione . Questa è l’anima dell’India. Gli attacchi alle minoranza in varie parti del nostro Paese, avvenuti in anni recenti, sono opera di alcune persone per i propri interessi di guadagno politico. Questo è sicuramente contro lo spirito dell’India. E’ compito di ogni indiano riportare alla grande tradizione della cooperazione e collaborazione interreligiosa, di mettere fine alle recenti violenze e al caos in nome della religione.
 
Possa questo Natale istillare in noi il coraggio e la convinzione di diffondere il messaggio di Gesù. La Chiesa in India è il risultato del lavoro di missionari altruisti venuti da fuori. In mezzo alle violenze e a tante contrarietà non possiamo mancare alla nostra missione. Il messaggio è chiaro: “Non abbiate paura”.