La condanna a 11 anni per Liu Xiaobo una “presa in giro della giustizia”
Liu Xia, la moglie dell’attivista, ha detto che suo marito si appellerà. Critiche alla sentenza dall’Onu e dall’Unione europea. Secondo alcuni dissidenti, Hu Jintao si sente ormai forte e disprezza le pressioni dall’esterno. Ma all’interno la dissidenza si farà più forte.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – “Una presa in giro della giustizia”: così l’organizzazione Human Rights Watch ha definito la sentenza di 11 anni di carcere per l’intellettuale e attivista Liu Xiaobo comminata ieri.
 
Liu, che compirà 54 anni il 28 dicembre, festa dei Santi Innocenti, è stato fra gli estensori della Carta 08, un documento che chiede alla Cina di rispettare le esigenze di democrazia della popolazione; di garantire la separazione dei poteri dello Stato; di terminare l’assolutismo del Partito comunista.
 
Il verdetto pronunciato dalla corte afferma che egli “aveva lo scopo di sovvertire la dittatura democratica del popolo della nostra nazione e il sistema socialista”. In Cina le sentenze delle corti non sono mai indipendenti dagli interessi del Partito.
 
A Liu non è stato permesso di ribattere sulla sentenza. La moglie dell’attivista, Liu Xia ha dichiarato che le sono stati concessi 10 minuti per stare insieme al marito che le ha detto che si sarebbe appellato, anche se le possibilità di successo sono basse.
 
Il commissario Onu per i diritti umani, Navi Pillai, ha definito “estremamente aspra” la sentenza contro Liu, e mina il diritto della libertà di espressione. La Svezia, presidente di turno dell’Unione europea, ha dichiarato di essere “profondamente preoccupata dalla sentenza sproporzionata”. L'ambasciata degli Stati Uniti a Pechino ha chiesto l'immediata liberazione di Liu. In precedenza la Cina ha bollato tutti questi giudizi e richieste di liberare Liu come un’interferenza nei suoi affari interni.
 
Per diversi dissidenti è chiaro che “con l’occidente indebolito e la questione dei diritti umani passata ormai all’ultimo posto, Hu Jintao può ignorare le pressioni sui diritti umani e la libertà di espressione”.
 
Yu Jie, un’attivista cristiano, ha detto che la Cina “vede Liu Xiaobo come una figura rappresentativa e con questa aspra sentenza pensa di poter spaventare gli altri spingendoli nel silenzio… Ma io penso che il suo caso renderà ancora più coraggiosi gli altri”.
Alla vigilia della sentenza 300 personalità cinesi si sono offerti di essere processati insieme a lui perché condividono le sue stesse idee.Fra essi vi è pure lo statista Bao Tong. Anche il giorno del processo, il 23 dicembre scorso, decine di amici e compagni di Liu hanno manifestato con striscioni e slogan (v. foto) denunciando l'ingiustizia del sistema cinese.