Libertà religiosa al centro della dottrina sociale della Chiesa

Città del Vaticano (AsiaNews) - La libertà di religione, secondo il Compendio della dottrina sociale della Chiesa, è "fonte e sintesi" dei diritti umani; essa è il "diritto di vivere nella verità della propria fede ed in conformità alla trascendente dignità della propria persona". Il documento, reso pubblico oggi in Vaticano, affronta l'intero campo della dottrina sociale, con particolare riguardo verso i diritti della persona e della famiglia, a partire da quelli alla vita ed al matrimonio.
Di tutti i diritti la libertà religiosa è, in certo senso, fondamento. La formulazione base di tale diritto è la dichiarazione conciliare "Dignitatis humanae", per la quale, ricorda il Compendio, esso "si fonda sulla dignità della persona umana" e "deve essere sancito come diritto civile nell'ordinamento giuridico della società" ed è "diritto riguardante non solo le singole persone, ma anche le diverse comunità".
Sul piano concreto, al n. 553 si afferma che "il riconoscimento effettivo del diritto alla libertà di coscienza e alla libertà religiosa è uno dei beni più alti e dei doveri più gravi di ogni popolo che voglia veramente assicurare il bene della persona e della società". Per questo, anche se, "a motivo dei suoi legami storici e culturali con una Nazione, una comunità religiosa può ricevere uno speciale riconoscimento da parte dello Stato, tale riconoscimento non deve in alcun modo generare una discriminazione d'ordine civile o sociale per altri gruppi religiosi". Nel rapporto delle religioni con lo Stato, infatti, vale il "principio di laicità", ossia "la distinzione tra la sfera politica e quella religiosa". Tale principio "è un valore acquisito e riconosciuto dalla Chiesa" (n.571). Ciò (n.572) "comporta il rispetto di ogni confessione religiosa da parte dello Stato, che assicura il libero esercizio delle attività di culto, spirituali, culturali e caritative delle comunità dei credenti".