Card. Zen: Le mie speranze per la Chiesa in Cina in questo Anno della Tigre
di Card. Joseph Zen Zekiun, sdb
A quasi 1000 giorni dalla Lettera del Papa ai cattolici cinesi, si stenta a vedere qualche frutto maturo. Ma vi sono alcuni semi. L’impegno più importante è la riconciliazione nella Chiesa, senza gonfiature mediatiche. La “anormale ingerenza” del governo rende ancora attuale “l’anormale clandestinità” della Chiesa. Il cardinale di Hong Kong, difensore della libertà religiosa, fa il punto sulla situazione.
Hong Kong (AsiaNews) - In molti paesi dell’Asia si celebra il capodanno secondo il calendario lunare che quest’anno cade a metà febbraio. In Cina continentale, il Capodanno lunare viene chiamato “Festa di Primavera”. Questa sarebbe l’equivalente dell’antica festività romana del “Dies natalis Solis invicti” (Giorno natale del Sole invitto), poi rimpiazzata dal Natale cristiano. A Hong Kong quest’anno il Capodanno lunare ci ha portato tempo freddo, nebbioso e piovviginoso. Ma sappiamo che la primavera è alle porte. Anche il Santo Padre, all’Angelus della Domenica 14 febbraio, ha salutato tutti questi popoli in festa, augurando loro di mantenere ed accrescere “la ricca eredità di valori spirituali e morali, che si radicano saldamente nella loro cultura”.

  Allora è giusto che, nonostante tutto, cominciamo questo anno nella speranza. Il Santo Padre nella sua enciclica Spe salvi aveva parlato di piccole speranze, speranze spicciole, di ogni giorno, cioè dei nostri piccoli molteplici desideri. Ma poi dice c’è la speranza grande, quella della salvezza e della felicità eterna. Io vorrei soffermarmi su speranze che chiamerei di grado intermedio, cioè le speranze per la nostra Chiesa in Cina.

 

La Lettera del Papa

Sono quasi mille giorni (960, per l’esattezza) che sono passati dalla pubblicazione della storica Lettera di Papa Benedetto XVI alla nostra cara Chiesa in Cina, ma il seme seminato dal Papa sembra che faccia ancora fatica a sbocciare e a diventare spiga. La Lettera ha dato una chiara direzione per un cambiamento, per una maturazione e per un progresso. Il cammino però sembra soverchiamente lento.

  Il Santo Padre ha ripetuto con chiarezza la dottrina cattolica sulla Chiesa. Essa è, e deve sempre essere, una e fondata sugli Apostoli. L’avere perciò altri organismi che si mettono al di sopra dei vescovi a guidare la Chiesa non è normale. Finora non si vede ancora nemmeno un inizio chiaro di normalizzazione. Sembra doveroso ricercare che cosa sia mancato nel frattempo. Senza atteggiarmi a giudice competente, mi sforzo di individuare qualche ragione per questo mancato progresso.

 

 

Equilibrio non rispettato

Come avevo detto subito dopo la sua pubblicazione, la Lettera del Papa è un capolavoro di equilibrio tra la chiarezza dei principi e la comprensione per le persone. Dissi anche che era facile rompere questo equilibrio, pendendo sia da una parte che dall’altra. Ora mi sembra che, dalla parte della chiarezza, si sia mancato per difetto, mentre dalla parte della comprensione si sia mancato per eccesso.

  Sembra che le autorità governative non abbiano creduto maturo il tempo per un cambiamento, mentre da parte nostra non si è voluto stimolare i nostri fratelli ad un ulteriore sforzo di autenticità.

  Qualcuno dice che io abbia visto un difetto di chiarezza nella Lettera del Papa, mentre sono tanto convinto della chiare za da non riuscire a capire come si sia potuto darne una interpretazione errata, da qualcuno che pure merita di essere ritenuto un esperto di cose della Chiesa in Cina.

  La riconciliazione è stata certamente un tema principale della Lettera. Di cuore mi auguro che da tutte le parti si apra il cuore a sentimenti di sincera fraternità e che i fratelli delle due comunità promuovano iniziative comuni di preghiera, di dialogo e di compartecipazione di progetti pastorali pur entro limiti costringenti. Però, non sempre è possibile venire all’unificazione nella struttura, perché questa è ancora sotto il controllo del Partito.

  Qualcuno, citando la Lettera del Papa, dice che “la clandestinità non rientra nella normalità della vita della Chiesa” e si ferma lì. Facendo così, cita fuori contesto (inducendo qualcuno a pensare che sia anormale la decisione di chi rimane nella clandestinità), mentre il testo dice anche che “pastori e fedeli vi fanno ricorso soltanto nel sofferto desiderio di mantenere integra la propria fede e di non accettare ingerenze di organismi statali in ciò che tocca l’intimo della vita della Chiesa” (dunque è la anormale ingerenza che ha creato l’anormale clandestinità).

  Conseguentemente, è errato dire che il Santo Padre ha incoraggiato tutti a farsi riconoscere dal Governo, mentre il Papa ha ricordato a tutti che per ottenere questo scopo non possono rassegnarsi “ad assumere atteggiamenti, a porre gesti e a prendere impegni che sono contrari ai dettami della loro coscienza di cattolici”. E questo vale anche se la persona coinvolta, nel passato ha dato eroica testimonianza della fede, e nel presente ha agito in buona fede. Rispettare una persona non comporta necessariamente essere d’accordo con ogni sua decisione.

  Oltre a questi punti fondamentali già chiari nella Lettera, ma pure soggetti a non equilibrata interpretazione, rimangono altri problemi di dettaglio che, il Santo Padre dice, la Lettera non “pretende di trattare”. Come fratello che vuole venire in aiuto ai suoi fratelli, ho preparato un “Sussidio”, che aiuta ad affrontare questi dettagli, nello spirito della Lettera del Papa, senza nessuna pretesa di monopolio della verità.

  Dai miei recenti pronunciamenti, qualcuno crede di poter giudicare che io stia prendendo posizione unilaterale a favore della comunità clandestina. Ciò è lontano dalla verità. Penso di essere tra i primi a testimoniare davanti a tutta la Chiesa che c’è tanta fedeltà e coerenza anche nella comunità ufficiale. Il fatto è che in questo momento sembra proprio necessario incoraggiare quelli della comunità clandestina ed esortare a maggiore coerenza certi fratelli della comunità ufficiale, con sinceri sentimenti di ammirazione e di comprensione per gli uni e gli altri.

 

Sperata normalizzazione

  Possiamo sperare che durante quest’anno nuovo i supremi dirigenti della nostra Nazione decidano di riconoscere ai loro cittadini cattolici il diritto di vivere normalmente la fede? Ci incoraggia a dare una risposta positiva a questa domanda il fatto che hanno già dimostrato di capire che qui si tratta proprio della fede e della coscienza. Infatti, hanno accettato che i vescovi illegittimi si facciano legittimare dal Santo Padre e che i nuovi candidati all’episcopato si facciano approvare dal Romano Pontefice prima della loro ordinazione. Perché non venire ad una chiarificazione definitiva, dopo un dialogo sincero ed aperto, come pure ha suggerito il Santo Padre nella Sua Lettera?

  Un’altra speranza per il nuovo anno è che da noi stessi, figli della Chiesa, non creiamo più ostacoli alla desiderata normalizzazione e conseguentemente ci sforziamo tutti di capire oggettivamente e di seguire fedelmente la Lettera del Santo Padre, nonostante eventuali divergenze che devono essere presto superate e non gonfiate secondo un certo stile giornalistico.

 

Sperare pregando

  Ho detto che le mie speranze per il nuovo anno sono speranze “di grado intermedio”. Ma forse devo riconoscere che sono pure “grandi speranze”, che non si realizzeranno senza grandi sacrifici, senza umiltà e coraggio, e senza apertura vicendevole del cuore, riconoscendoci tutti (cattolici e comunisti) fratelli della grande Nazione cinese.

  Però gli sforzi umani certamente non basteranno, ma ci vorrà un miracolo del Signore, per intercessione di Maria Ausiliatrice. Allora affrettiamo questo miracolo con la nostra preghiera, preghiera di tutti, in Cina Continentale e fuori, cominciando con questa Santa Quaresima, in cui ciascuno si esaminerà nelle sue infedeltà. Confidando nella Passione del Redentore, guardiamo con fiducia all’efficacia della Risurrezione per una fioritura della Chiesa ed un nuovo ordine armonioso della Nazione, fondato sui “valori spirituali e morali”, specialmente dell’onestà e del rispetto per la dignità della persona umana.

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