Ultimatum di Camberra al Giappone sulla caccia alle balene
Oltre 1000 balene uccise ogni anno dal Giappone per non precisati scopi scientifici. Il premier Kevin Rudd minaccia di ricorrere al tribunale dell’Aja entro novembre per fermare la mattanza dei cetacei che rischiano di scomparire dall’Oceano Antartico. La carne dei mammiferi marini è uno dei piatti più prelibati della cucina giapponese e ha un giro d’affari annuo di milioni di euro.

Tokyo (AsiaNews/Agenzie)  - “Il Giappone dovrà fermare la caccia alle balene nell’oceano Antartico entro novembre o rivolgeremo un’azione legale alla Corte internazionale di giustizia dell’Aja”. È quanto afferma oggi il primo ministro australiano Kevin Rudd a un giorno dalla visita di Katsuya Okada ministro giapponese degli esteri. Rudd accusa le baleniere giapponesi di uccidere ogni anno oltre mille esemplari con il pretesto di studi scientifici, aumentando il rischio di estinzione della specie. Dall’87 a oggi sono stati uccisi oltre 10mila esemplari; 1075 solo nel 2006.

Don Rothwell, professore di diritto internazionale e marittimo all’Australian National University, sostiene che il Giappone pensa di avere diritto a continuare la sua caccia ‘scientifica’ alla balena. Tokyo fonda infatti le sue argomentazioni sull' interpretazione della moratoria sui cetacei che consente all''art. 8 l’uccisione dei mammiferi a scopi scientifici. Per Rothwell l’Australia ha una solida argomentazione giuridica contro la caccia alle balene e sosterrà l’accusa di abuso di diritto dell’attuale programma scientifico giapponese sui cetacei.  

La diatriba tra Giappone e Australia sulla caccia alle balene è in corso dal 1986, anno della moratoria sulla caccia e il commercio dei cetacei realizzata dalla Commissione internazione per la caccia alle balene (International Whaling Commission - IWC). Il documento promosso dall’Australia e firmato anche dal Giappone ha lo scopo di preservare i cetacei dall’estinzione e sancisce il divieto di caccia per fini alimentari o commerciali, ma ne consente l’uccisione per fini scientifici. Forte di questa clausola, il governo giapponese continua da anni a inviare baleniere nell’Oceano Antartico passando al limite delle acque territoriali australiane. Lo scopo di Tokyo è quello di mantenere l’industria legata al consumo di carne di balena, uno dei piatti più rinomati della sua cucina tradizionale, che ha un giro d’affari di milioni di euro. Impossibilitate ad agire a livello legale, Australia e Nuova Zelanda consentono ai movimenti ecologisti di disturbare il traffico delle baleniere.

Le autorità giapponesi affermano che il loro programma serve per comprendere il ciclo di vita delle balene, i cambiamenti dell’ecosistema e la struttura della loro popolazione. Masayuki Komatsu, ex delegato all’IWC, si dice fiducioso e afferma che “il Giappone risolverà presto questo litigio”. In passato egli aveva definito le balene come “scarafaggi di mare”.

Nonostante il governo australiano si dichiari promotore della difesa dei cetacei, per gli analisti lo scopo di Rudd è quello di riacquistare popolarità tra gli ecologisti. Questi lo avevano eletto nel 2007 proprio per la sua promessa di fermare la caccia ai mammiferi marini. La decisione è stata finora osteggiata dagli industriali che temono una rottura dei rapporti commerciali tra Camberra e Tokyo. Il Giappone è infatti il principale partner economico dell’Australia e nel 2009 il valore delle esportazioni tra i due Paesi è stato di 37 miliardi di euro. Ma oltre a difendere i mammiferi il governo australiano difende anche i suoi interessi legati al turismo. La caccia alle balene mette a rischio la sopravvivenza anche dell’industria del whale-watching, che ha un giro d’affari annuo di 180 milioni di euro.