Kirkuk, l’ex premier Allawi vince sui partiti curdi
di Layla Yousif Rahema
Con il 92% delle schede scrutinate, si profila la vittoria della formazione laica Blocco iracheno ai danni della Kurdistan Alliance. La zona riveste un’importanza strategica per le immense riserve di petrolio nel sottosuolo. Anche a livello nazionale si profila un successo dell’ex Primo Ministro, in vantaggio su al-Maliki.
Baghdad (AsiaNews) – Prima delle elezioni parlamentari del 7 marzo non vi erano dubbi su quale fazione politica dominasse il mix etnico di una delle circoscrizioni più importanti in Iraq, Kirkuk e la sua provincia di Tamin. Erano i due partiti storici della vicina regione semi-autonoma del Kurdistan: il Partito Democratico del Kurdistan (Pdk) di Massud Barzani, presidente della regione, e l’Unione Patriottica del Kurdistan (Adk) del presidente iracheno Jalal Talabani. Ora che il conteggio dei voti ha superato il 92%, lo scenario appare molto differente.
 
Data alla vigilia per favorita, la Kurdistan Alliance (che raggruppa Pdk e Adk) è stata scalzata nella provincia di Tamin dalla formazione laica Blocco iracheno, dell’ex premier Iyad Allawi. Se il sorpasso (di appena 3mila voti) verrà confermato, per la prima volta la popolazione turcomanna e araba avranno una voce politica più forte. Di contro, uno scenario del genere complicherebbe le speranze curde di annettere la città ricca di petrolio al loro territorio. I politici turcomanni e arabi - che per la prima volta hanno corso per lo più sotto un unico ombrello, quello del Blocco iracheno - non hanno mai nascosto che fosse questo il principale obiettivo della loro agenda elettorale nella zona.
 
Non solo l’alleanza turcomanna-araba, ma anche una dispersione di voti a favore del nuovo partito curdo d’opposizione Goran avrebbe contribuito all’indebolimento di “Kurdistania”, come viene chiamata la coalizione di Adk e Pdk.
 
Kirkuk viene considerata una bomba a orologeria data l’importanza petrolifera che riveste, “arabizzata” per questo da Saddam e ora oggetto di un ritorno massiccio della popolazione curda, che la rivendica come parte della propria regione. Secondo gli analisti, qualunque sia l’esito delle elezioni, le comunità (tra arabe sciite e sunnite, curde e turcomanne) che risulteranno sconfitte non accetteranno senza proteste il verdetto delle urne.
 
Intanto sale la tensione anche a livello nazionale, dove per il 26 marzo si aspettano i risultati definitivi delle legislative. Che anche qui potrebbero sancire una vittoria del Blocco iracheno, per ora in testa di circa 7mila suffragi sull’Alleanza per lo Stato di diritto del premier uscente Nouri al-Maliki. La richiesta di quest’ultimo di un nuovo spoglio delle schede elettorali è stata bocciata ieri dalla Commissione elettorale centrale.