Papa: la vita eterna comincia in questo mondo, è la “conoscenza” di Dio
Benedetto XVI celebra la messa “in Coena Domini” e compie il rito della lavanda dei piedi. Nell’Ultima cena e nella prehiera di Gesù ci sono l’istituzione dell’eucaristia e l’avvio del mandato missionario agli apostoli e ai loro successori.
Roma (AsiaNews) – Durante l’Ultima cena, c’è la lavanda dei piedi, “, in cui il servizio redentore di Gesù per l’umanità bisognosa di purificazione è riassunto in un gesto di umiltà”, poi c’è il dono di se stesso, nel pane e nel vino, poi la preghiera nella quale Gesù chiede che “l’annuncio dei discepoli prosegua lungo i tempi; che tale annuncio raccolga uomini i quali, in base ad esso, riconoscono Dio e il suo Inviato, il Figlio Gesù Cristo”, perché nella “conoscenza” di Dio c’è la possibilità della vita eterna.
 
La celebrazione della messa “nella cena del Signore”, oggi pomeriggio nella basilica di san Giovanni in Laterano, a Roma, ha dato occasione a Benedetto XVI di illustrare il significato di quell’evento, che ha segnato, ad un tempo, l’istituzione dell’eucaristia e l’avvio del mandato missionario agli apostoli e ai loro successori.
 
Nel corso della liturgia, il Papa compie il rito della lavanda dei piedi a dodici sacerdoti. Al momento della presentazione dei doni è affidata a Benedetto XVI un’offerta per la ricostruzione del seminario di Port-au-Prince in Haiti.
 
All’omelia, il Papa ha evidenziato come nella preghiera di Gesù, raccontata da Giovanni, c’è innanzitutto la frase: "Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio e colui che hai mandato, Gesù Cristo" (Gv 17, 3). Ogni essere umano – ha commentato Benedetto XVI - vuole vivere. Desidera una vita vera, piena, una vita che valga la pena, che sia una gioia. Con l’anelito alla vita è, al contempo, collegata la resistenza contro la morte, che tuttavia è ineluttabile. Quando Gesù parla della vita eterna, Egli intende la vita autentica, vera, che merita di essere vissuta. Non intende semplicemente la vita che viene dopo la morte. Egli intende il modo autentico della vita – una vita che è pienamente vita e per questo è sottratta alla morte, ma che può di fatto iniziare già in questo mondo, anzi, deve iniziare in esso: solo se impariamo già ora a vivere in modo autentico, se impariamo quella vita che la morte non può togliere, la promessa dell’eternità ha senso. Ma come si realizza questo? Che cosa è mai questa vita veramente eterna, alla quale la morte non può nuocere?”.
  
La risposta di Gesù è nelle parole “che conoscano te – Dio – e il tuo Inviato, Gesù Cristo. Con nostra sorpresa, lì ci viene detto che vita è conoscenza. Ciò significa anzitutto: vita è relazione. Nessuno ha la vita da se stesso e solamente per se stesso. Noi l’abbiamo dall’altro, nella relazione con l’altro. Se è una relazione nella verità e nell’amore, un dare e ricevere, essa dà pienezza alla vita, la rende bella. Ma proprio per questo, la distruzione della relazione ad opera della morte può essere particolarmente dolorosa, può mettere in questione la vita stessa. Solo la relazione con Colui, che è Egli stesso la Vita, può sostenere anche la mia vita al di là delle acque della morte, può condurmi vivo attraverso di esse”.
 
La parte più nota della preghiera di Gesù, ha proseguito il Papa, “è la richiesta dell’unità per i discepoli, per quelli di allora e quelli futuri”. “Egli chiede al Padre la Chiesa e la sua unità. È stato detto che nel Vangelo di Giovanni la Chiesa non compare. Qui, invece, essa appare nelle sue caratteristiche essenziali: come la comunità dei discepoli che, mediante la parola apostolica, credono in Gesù Cristo e così diventano una cosa sola. Gesù implora la Chiesa come una ed apostolica. Così questa preghiera è propriamente un atto fondante della Chiesa. Il Signore chiede la Chiesa al Padre. Essa nasce dalla preghiera di Gesù e mediante l’annuncio degli Apostoli, che fanno conoscere il nome di Dio e introducono gli uomini nella comunione di amore con Dio. Gesù chiede dunque che l’annuncio dei discepoli prosegua lungo i tempi; che tale annuncio raccolga uomini i quali, in base ad esso, riconoscono Dio e il suo Inviato, il Figlio Gesù Cristo. Egli prega affinché gli uomini siano condotti alla fede e, mediante la fede, all’amore. Egli chiede al Padre che questi credenti ‘siano in noi’ (v. 21); che vivano, cioè, nell’interiore comunione con Dio e con Gesù Cristo e che da questo essere interiormente nella comunione con Dio si crei l’unità visibile. Due volte il Signore dice che questa unità dovrebbe far sì che il mondo creda alla missione di Gesù. Deve quindi essere un’unità che si possa vedere – un’unità che vada tanto al di là di ciò che solitamente è possibile tra gli uomini, da diventare un segno per il mondo ed accreditare la missione di Gesù Cristo”.
 
“La preghiera di Gesù ci dà la garanzia che l’annuncio degli Apostoli non potrà mai cessare nella storia; che susciterà sempre la fede e raccoglierà uomini nell’unità – in un’unità che diventa testimonianza per la missione di Gesù Cristo. Ma questa preghiera è sempre anche un esame di coscienza per noi. In quest’ora il Signore ci chiede: vivi tu, mediante la fede, nella comunione con me e così nella comunione con Dio? O non vivi forse piuttosto per te stesso, allontanandoti così dalla fede? E non sei forse con ciò colpevole della divisione che oscura la mia missione nel mondo; che preclude agli uomini l’accesso all’amore di Dio? È stata una componente della Passione storica di Gesù e rimane una parte di quella sua Passione che si prolunga nella storia, l’aver Egli visto e il vedere tutto ciò che minaccia, distrugge l’unità. Quando noi meditiamo sulla Passione del Signore, dobbiamo anche percepire il dolore di Gesù per il fatto che siamo in contrasto con la sua preghiera; che facciamo resistenza al suo amore; che ci opponiamo all’unità, che deve essere per il mondo testimonianza della sua missione”.