Bishkek, si discute la Costituzione, ma un embargo strangola l’economia
Un Comitato di esperti discute il progetto di Costituzione, per redigere quello definitivo che sarà sottoposto a referendum entro l’estate. Sarà chiesta l’estradizione di Bakiyev. Intanto i Paesi vicini mantengono chiuse le frontiere, con grande danno per l’economia.

Bishkek (AsiaNews/Agenzie) – Il governo provvisorio ha indicato ieri alla Procura generale di avviare le procedure per chiedere l’estradizione del presidente deposto Kurmanbek Bakiyev, fuggito in Bielorussia. Una commissione di 10 esperti ha presentato il 26 aprile una proposta per la riforma della Costituzione. Intanto dopo le recenti proteste politiche, i confinanti Cina, Kazakistan e Uzbekistan hanno chiuso le frontiere e di fatto impediscono qualsiasi importazione o esportazione di merce.

Bakiyev è fuggito in Bielorussia, via Kazakistan, dopo che le proteste del 7-8 aprile hanno rovesciato il suo potere. Nelle proteste sono morte 85 persone e il nuovo governo accusa Bakiyev di avere ordinato alla polizia di sparare sulla folla.

La nuova Costituzione dovrebbe procedere a bilanciare i diversi poteri dello Stato, così da impedire che il potere si accentri di nuovo in una persona o in un gruppo: nel periodo post sovietico, si sono succeduti presidenti in grado di dominare le elezioni.

Il progetto di Costituzione attribuisce l’effettivo potere di governo al primo ministro, diretta emanazione del parlamento, mentre al presidente resta un ruolo soprattutto formale con responsabilità anzitutto in materia di politica estera. Al presidente è tolto il diritto di nominare tutti i 13 componenti della Commissione elettorale centrale, che saranno scelti per un terzo dai partiti di opposizione. All’opposizione sono anche riservati posti di rilievo, come quello di vicepresidente del parlamento. E’ anche previsto che nessun partito possa avere una maggioranza plebiscitaria in parlamento, riservandosi comunque una quota di seggi alle opposizioni.

Peraltro non mancano critiche, come la eccessiva imprecisione delle espressioni usate in questioni fondamentali, come la divisione del potere politico. La bozza di legge è ora all’esame di un comitato di 75 esperti, tra cui molti attivisti per i diritti umani. Si aspetta il loro lavoro entro il 19 maggio, per tenere un referendum popolare il 27 giugno.

L’embargo di fatto crea grandi difficoltà al Kirghizistan, sia per l’approvvigionamento delle merci sia per l’economia delle regioni di confine abituate a comprare merci dagli altri Paesi per rivenderle con un buon guadagno. Ad esempio, l’agricoltura del Paese dipende in modo massiccio dai prodotti cinesi, come pure dal petrolio russo che passa per il Kazakistan. Allo stesso modo, gran parte della produzione agricola kirghisa è esportata e la chiusura delle frontiere ne impedisce la vendita. La Cina è il 2° maggior partner commerciale del Kirghizistan e il Kazakistan ne è il 1°: l’industria tessile kirghisa ha perso i grandi compratori del Kazakistan e molte ditte non possono nemmeno pagare i salari agli operai.

Almazbek Atambayev, funzionario del governo provvisorio, ha più volte chiesto al Kazakistan di riaprire la frontiera, che però rimane chiusa dal 7 aprile. Alcuni media kazaki hanno riportato che la frontiera rimane chiusa per impedire un supposto traffico di armi che passa per il Kirghizistan.

Esperti osservano che il blocco ha motivazione anzitutto politica per fare pressione sul governo provvisorio, che ha promesso di creare un’effettiva democrazia.

Temirbek Shabdanaliev, presidente dell’Association of Freight Carriers, commenta all’agenzia Eurasianet che “i Paesi vicini temono il diffondersi di moti rivoluzionari e di libero pensiero”. “Ricordo la sollevazione del 2005, quando i media del Kazakistan hanno mostrato apposta le peggiori scene di scontri a Bishkek, per intimidire la popolazione”, mentre quella “rivoluzione dei tulipani” fu assai poco violenta.

Altri esperti spiegano che il nuovo governo ha promesso di nazionalizzare molti servizi e proprietà cedute dal governo di Bakiyev e che gran parte di questi beni sono stati comprati da imprenditori kazaki, che ora temono gravi perdite.

Come conseguenza di questo embargo, analisti prevedono perdite per l’economia del Paese nel 2° trimestre 2010, dopo che il 1° trimestre aveva registrato un contenuto miglioramento.