Missionario del Pime: la scuola, per ricostruire la società cambogiana
di Dario Salvi
P. Alberto Caccaro, in Cambogia dal 2000, descrive un Paese orientato al “capitalismo materialista”. La società porta ancora i segni delle violenze commesse dai Khmer rossi. Per ricostruire l’unità è necessario promuovere istituti che “educhino alla critica” le nuove generazioni. Un ateo francese convertito in terra di missione.
Roma (AsiaNews) – La Cambogia si è trasformata in una realtà capitalista, pur declinata in chiave socialista con salari “minimi e uniformi”. Un insegnante percepisce uno stipendio misero ed è costretto a cercare un secondo lavoro per sopravvivere; questa deriva ha innescato “un’attitudine alla corruzione” che compromette il sistema alla base. P. Alberto Caccaro, missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere, in Italia per un periodo di riposo, racconta ad AsiaNews un Paese ancora oggi segnato dalle violenze dei Khmer rossi e sempre più orientato verso un “capitalismo materialista”. La sfida della Chiesa cattolica, racconta, è avviare istituti, scuole, università che “educhino alla critica”, perché “l’apporto del cristianesimo è un contributo al pensiero e alla nazione” e i giovani scoprano nella fede “una risorsa per la società intera e l’uomo nella sua totalità”.
 
La frattura a livello sociale è netta e il processo di “ricomposizione dei frammenti” parte proprio dalle nuove generazioni. P. Alberto, in Cambogia dal 2000 e primo prete residente a Prey Veng, ha fondato da poco un liceo che ospita studenti delle classi terza, quarta e quinta. La struttura è aperta da due anni e il prossimo festeggerà i primi maturandi. “Una piccola realtà – spiega il sacerdote – che ha solo 100 alunni rispetto ai 2mila degli istituti pubblici. Gli insegnanti vengono da noi in cerca di una seconda occupazione, ma siamo liberi di lavorare grazie anche agli accordi con il Ministero”.
 
La Cambogia porta ancora le ferite della dominazione dei Khmer rossi guidati dal sanguinario Pol Pot, che ha governato il Paese dal 1975 al 1979 seminando morte e distruzione. In pochi anni il regime ha eliminato quasi due milioni di persone (circa un quarto della popolazione), molti dei quali erano intellettuali, medici, insegnanti ed esponenti dell’elite culturale. Proprio per questo oggi è necessario ripartire dalla scuola per ricostruire la nazione e il suo popolo.
 
“Bisogna avviare – spiega il missionario del Pime – una riflessione più complessiva sulla storia, la cultura, la religione ed è nostro compito fornire luoghi in cui avvenga questo dibattito”. Il sacerdote aggiunge che il regime polpottiano ha innescato “una serie di tensioni sociali” che impediscono ancora oggi, a 35 anni di distanza, “l’unità” e il metodo di insegnamento di stampo nozionistico “non favorisce la nascita di uno spirito critico”. “Dobbiamo andare alla ricerca dell’unità fra le varie componenti – sottolinea – e dare vita a luoghi in cui possa avvenire questo dibattito”.
 
Fra le numerose attività avviate dalla Chiesa, p. Caccaro racconta gli incontri fra studenti promossi e guidati da Paola Maiocchi, missionaria laica italiana. La proposta è stata raccolta da uno studente di medicina non cattolico che, insieme ad altri compagni di studi, ha voluto creare “un gruppo di riflessione” fra studenti di medicina. “L’obiettivo – spiega il sacerdote – è pensare se in futuro sarà possibile concepire la funzione del dottore come servizio, quando oggi regna l’utilitarismo, sia negli atenei che negli ospedali”. Per il missionario è “un inizio rispetto al deserto che c’è attorno a loro, ma è un primo passo piccolo e importante”.
 
Di recente p. Alberto Caccaro ha curato la traduzione in lingua khmer de “Il rischio educativo” di don Luigi Giussani, fondatore del movimento di Comunione e Liberazione. Un scelta dettata da “un sentimento di gratitudine” perché “il libro mi ha sostenuto in un momento particolare del cammino missionario”. Il sacerdote sottolinea la metafora dell’orologio descritta da don Giussani: “Vorrei che i miei ragazzi – racconta – fossero capaci di studiare le singole materie, ed essere in grado di ricostruire l’orologio smontato in precedenza, prendendo in esame ogni singolo componente. Un percorso di ricomposizione, nel tentativo di riportare il tutto all’unità originaria”.
 
La traduzione de “Il rischio educativo” è solo un primo passo perché, commenta p. Caccaro, vi è “urgenza di traduzioni, di testi e libri, persone che si spingano oltre e favoriscano il confronto e la riflessione”. Al riguardo, egli lancia un appello all’occidente perché sostenga “programmi di traduzione, la nascita di istituti educativi, scuole e università”.
 
I progetti nella Chiesa non mancano, ma vanno sostenuti portando alla luce “l’originalità della fede cristiana” che diventa fonte di conversione. “Il primo passo è muoversi verso l’altro", afferma il sacerdote. Come esempio p. Alberto racconta la storia di Dimitri, studente francese, ateo, che proprio in Cambogia ha riscoperto la fede in Cristo. Il giovane ha trascorso sei mesi a Prey Veng fra il 2007 e il 2008, insegnando inglese in una scuola pubblica di campagna. Prima della partenza, Dimitri non aveva mai ricevuto in 25 anni di vita né un’educazione cristiana, né il battesimo.
 
“Dimitri si è convertito qui, in un territorio di missione – spiega p. Caccaro – grazie al rapporto con la realtà locale nella quotidianità, al tentativo di ricostruire se stesso come persona. Questo è ciò che manca e che dobbiamo portare come testimonianza di missione”. In Francia il giovane ha continuato il cammino di fede e, il prossimo anno, dopo aver concluso il periodo di catecumenato, riceverà il battesimo. Egli tornerà in Cambogia insieme alla moglie, per vivere un’esperienza missionaria “nel Paese in cui ha incontrato l’Amore di Cristo”.