Karzai tranquillizza i Paesi donatori e chiede più potere sugli aiuti
Presenti rappresentanti di 70 nazioni. Dopo nove anni di guerra si vedono pochi risultati. Karzai chiede più controllo sul 50% delle donazioni e promette di rafforzare a circa 250 mila le truppe locali per la sicurezza. La popolazione resta senza aiuti a causa della corruzione. Ban Ki-moon: Il popolo deve partecipare alla ricostruzione. Clinton: Gli Usa non abbandoneranno il Paese.
Kabul (AsiaNews/Agenzie) – Nella capitale afghana bloccata da centinaia di posti di blocco e dal controllo di migliaia di truppe, si è aperta stamane la Conferenza internazionale, a cui partecipano anche i Paesi donatori per una verifica del piano di uscita dalla guerra che dura ormai da nove anni.
 
Il presidente Hamid Karzai ha parlato per primo. Davanti ai rappresentanti di circa 70 Paesi, egli ha proposto un aumento delle forze militari e di polizia locali, oltre al richiamo di almeno 36 mila ex soldati, per giungere a quasi 250 mila forze di sicurezza entro il 2011. Questo permetterebbe alle forze straniere il ritiro entro il 2014.
 
Ma per questo Karzai richiede almeno il 50% del controllo sugli aiuti dei Paesi donatori. Fino ad ora egli ha controllato il 20% e ha ricevuto critiche sul modo in cui tali aiuti sono stati distribuiti, segnati dalla corruzione. Secondo la World Bank, molti aiuti sono andati pure a “consultori stranieri” che operano fuori dal Paese, senza migliorare la situazione interna.
 
Dopo 9 anni di guerra e senza risultati visibili (mancanza di strade, scuole, sanità, fogne, ecc…) la popolazione afghana è scettica sulla presenza dei soldati stranieri e scettica pure sul governo di Karzai.
 
Parlando dopo il presidente afghano, il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha fatto un appello al popolo afghano perché partecipi alla ricostruzione del Paese.
 
È seguito poi l’intervento di Hillary Cinton, segretario di Stato Usa. La Clinton ha ribadito che “il mondo è con l’Afghanistan”, sebbene negli Stati Uniti e nella comunità internazionale si respira frustrazione per i pochi risultati raggiunti in termini di sicurezza, governo, sviluppo.
 
“Cittadini di molte nazioni qui rappresentate, compresa la mia – ha detto – dubitano perfino se un successo è possibile e se perciò dobbiamo ancora impegnarci”.
 
“Non abbiamo alcuna intenzione – ha aggiunto – di abbandonare la nostra missione a lungo termine per giungere a un Afghanistan stabile, sicuro, pacificato”.