La marea nera a Dalian minaccia le acque internazionali
Oltre 500 pescherecci requisiti per pulire i 183 chilometri quadrati di mare coperti dal greggio versato per l’esplosione nel porto. Ma si teme che il disastro sia peggiore di quanto riconosciuto. I controlli di tutela ambientale poco applicati alle grandi imprese.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Un’onda nera di petrolio si estende nel nord della Cina per oltre 183 chilometri quadrati (nella foto) e si teme arrivi presto in acque internazionali. Esso è fuoriuscito il 16 luglio dopo l’esplosione di due oleodotti e un silos-cisterna nel porto di Xingang a Dalian. Diversi analisti si domandano come mai non si è fatto nulla a salvaguardia di un disastro prevedibile.
 
Le autorità di Dalian hanno requisito più di 500 barche da pesca per pulire il mare dalle oltre 1.500 tonnellate di greggio fuoriuscito. Le autorità dicono che hanno recuperato almeno un terzo del petrolio. Dai Yulin, vicesindaco di Dalian, prevede di finire la bonifica entro 4-5 giorni, diluendo e recuperando il greggio. Ma funzionati dell’Amministrazione statale per l’Oceano parlano di un tempo più che doppio.
 
I media statali abbondano di commenti positivi sull’organizzazione cinese: indicano come la chiusura del porto di Dalian, secondo maggior approdo petrolifero cinese, non abbia creato grandi disagi né al commercio petrolifero, né a quello della soia, che pure approda a Dalian ed è stata dirottata su porti vicini come Jinzhou e Bayuquan.
 
Ma ambientalisti come il gruppo Greenpace China, si chiedono se il disastro non sia superiore alle cifre ufficiali e mostrano fotografie di spiagge coperte dal greggio, mentre le autorità hanno detto che il vento ha spinto al largo l’onda nera. Yang Ailun, portavoce del gruppo, critica l’affermazione del governo che il disastro non avrà conseguenze ambientali, perché “è troppo presto” per valutarlo, con il petrolio ancora in mare.
 
Il governo ancora non spiega le ragioni dell’incidente, ma esperti osservano che l’impianto era ad alto rischio di esplosione, a causa di possibili perdite e della scarsa aerazione, come pure per l’elevato livello di sodio del greggio, proveniente dall’Arabia Saudita.
Il problema della sicurezza appare più rilevante dopo che l’International Energy Agency ha detto che la Cina ha superato gli Stati Uniti come maggior consumatore mondiale di energia, pari a 2.252 tonnellate di petrolio annue, anche se Pechino ha contestato i dati.
 
Esperti osservano che i controlli di sicurezza ambientale sono spesso inadeguati per le grandi imprese, che riescono a sfuggirli grazie alla corruzione.
 
Un esempio ulteriore è il grave inquinamento causato al fiume Ting, contea di Shanghang nel Fujian, ormai diffuso sino al confinante Guangdong, dove pure si teme che avveleni l’acqua e causi un disastro ambientale. La ditta Zijin Mining Group, leader per rame e oro, ha accumulato i liquami tossici non trattati della sua fabbrica in una vicina pozza, adducendoli tramite uno scarico illegale, ma le pesanti piogge hanno fatto fuoriuscire 9.100 metri cubi di liquami che il 3 luglio sono finiti nel fiume Ting e hanno ucciso circa 1.900 tonnellate di pesce.
 
Le autorità hanno arrestato 3 dirigenti della ditta, anche per non avere dato immediata notizia dell’inquinamento; 3 funzionari pubblici sono stati messi sotto inchiesta ed è stato cacciato il capo del governo della contea. Ma l’opinione pubblica è allarmata anche perché la ditta era già stata ammonita di eliminare gli eccessivi scarichi non trattati, ma non aveva fatto nulla e le autorità di controllo non sono intervenute.
 
Ora i media statali riferiscono che questi disastri ambientali sono causati dai mancati controlli dei funzionari preposti e che molti funzionari di Shanghang avevano avuto posti ben pagati nella ditta Zijin. L’azienda nel 2009 ha portato nella casse della contea il 60% dell’intero reddito. Il Comitato di supervisione, che non ha effettuato controlli accurati, comprende alte cariche del Partito comunista locale.