Chiesa ortodossa russa in aiuto contro gli incendi. Le responsabilità di Putin
di Nina Achmatova
Il Patriarca Kirill invita ala preghiera per la pioggia e alla raccolta di aiuti per le vittime. Almeno 40 morti; devastati 650 mila ettari di terreno; Mosca avvolta da una coltre di fumo. Il problema delle torbiere, disseccate durante il regime dell’Urss, prendono fuoco con facilità. Il numero delle guardie forestali tagliato del 75% ai tempi di Putin.
 Mosca (AsiaNews) – Per aiutare le vittime del caldo record e degli incendi che stanno devastando la Russia da una settimana, scende in campo anche la Chiesa ortodossa. Oltre a invitare alla preghiera tutti i fedeli “perché Dio mandi la pioggia sul nostro Paese”, Kirill, Patriarca di Mosca e di tutte le Russie ha chiesto a ogni comunità di mobilitarsi per gli aiuti. Dal 2 agosto e fino ad oggi si sono svolte collette per raccogliere vestiti e utensili da consegnare alle famiglie colpite dai roghi, mentre ogni parrocchia organizzerà presto un consiglio responsabile delle donazioni in denaro, fa sapere lo stesso Kirill.
 
“Tragedia nazionale”
 
La Russia intanto continua a bruciare. Il bilancio di oltre una settimana di fuoco è drammatico: 40 morti, 650mila ettari di terreno devastati, di cui la maggior parte boschi, 1800 case divorate dalle fiamme e 2mila sfollati. I danni in termini economici sono di circa 215 milioni di dollari, secondo il ministro dello Sviluppo regionale Viktor Basargin. Il Cremlino ha dichiarato lo stato di emergenza per sette territori della Federazione: Mari El, lungo il fiume Volga, Vladimir, Voronezh, Nizhny Novgorod, Rjazan, la repubblica di Mordovia e l’area intorno a Mosca. “Fumo senza fiamme”, così lo hanno descritto i giornali locali, è quello che avvolge questi giorni la capitale: il fumo generato dai roghi avvolge tutta l’estesa zona abitata con una fitta nebbia e un’afa irrespirabile.
 
Per ora sono già duemila i soldati scesi in campo a fianco ai vigili del fuoco per contenere la situazione che “può causare ancora molte disgrazie irreparabili”, come ha detto il presidente Dmitri Medvedev. Le previsioni sembrano dargli ragione, con le temperature che battono qualsiasi record degli ultimi 130 anni: entro domani si prevedono 40-41 gradi a Mosca e ancora niente pioggia. Intanto è stato dato il via libera anche ai soccorsi internazionali: l’Ucraina ha già inviato due Antonov 32P antincendio e anche altri Paesi potrebbero dare il loro contributo.
 
Il problema delle torbiere
 
Finora sono 776 i roghi registrati, di cui 57 in torbiere. Manifestatosi quest’anno in modo drammatico a causa del caldo inusuale, il problema degli incendi estivi in Russia è annoso. Secondo Evgenj Sekirin, capo dei Vigili del fuoco del territorio di Mosca, “il problema si può risolvere solo inondando le torbiere”. Ai tempi dell’Urss la torba veniva sfruttata in modo intensivo come combustibile, per disporne di quantità sempre maggiori il governo prosciugò numerose paludi. “La torba secca – spiega Sekirin – è autocombustibile e soprattutto brucia a lungo senza fiamme”. Ma la realizzazioni di un piano per riportare acqua almeno in una parte delle torbiere prosciugate richiede l’impiego di oltre 500 milioni di euro e almeno tre anni di tempo. Se ne discute in queste ore tra i governatori delle regioni colpite e i vertici di Stato.
 
Medvedev ha assicurato che circa duemila case saranno ricostruite prima dell’arrivo dell’inverno e ha promesso aiuti economici per 100mila dollari ai proprietari di case bruciate negli incendi. Il premier Vladimir Putin ha dato ordine ai governatori di iniziare la ricostruzione: “Voglio piani per ogni regione, ogni città, ogni casa”. Ma “al di là delle misure d’emergenza – ha aggiunto – dobbiamo prendere decisioni in una prospettiva futura”.
 
Proprio quella di una politica miope e non attenta alla prevenzione è l’accusa mossa dagli ambientalisti al governo. Sostengono che i danni degli incendi sono così gravi anche perché nel 2007 l’allora presidente Vladimir Putin, “sotto pressione della lobby del legno, ha introdotto il nuovo Codice forestale che abolisce la presenza in ogni foresta di guardiani preposti a controllare i focolai e a intervenire prontamente”, spiega Alexej Yaroshenko di Greenpeace Russia. “I forestali sul campo – aggiunge – sono stati tagliati del 75% mentre 12mila sono stati assunti solo per fare lavoro di ufficio”. L’estate del 2010, forse, costringerà il Cremlino ad aprire gli occhi sul problema ambientale da sempre sottovalutato.