Kashmir: musulmani tentano di bruciare una scuola cristiana (solo di nome)
di Shefali Prabhu
È la St Francis School, proprietà di musulmani, che usano il nome cristiano per attirare più studenti. Quattro morti e 19 feriti a Mendhar, mentre si diffondono le proteste nel Kashmir. L’influenza di gruppi fondamentalisti sulla folla, trascinata dai villaggi a manifestare. Il missionario p. Jim Borst vigilato dalla polizia.
Mendhar (AsiaNews) – Una folla inferocita di musulmani radicali hanno tentato di bruciare una scuola dal nome cristiano (St Francis School), senza sapere che essa è retta da musulmani ed è cristiana solo di nome. La polizia è riuscita a fermare gli incendiari, ma ha sparato sulla folla, uccidendo quattro persone e ferendone 19. Leader cristiani affermano: “questa gente è manipolata”.
 
La protesta contro la campagna “Brucia il Corano” si sta diffondendo in diverse aree del Kashmir e ha già fatto 22 morti e centinaia di feriti. Le manifestazioni prendono spunto dall’annunciata (e mai eseguita) dissacrazione del Corano negli Stati Uniti per aumentare la tensione contro il governo indiano, che non concede l’autonomia alla regione, contesa anche dal Pakistan.
 
Dopo tre giorni di manifestazioni e violenze, ieri le proteste sono scoppiate a Mendhar, a circa 60 km da Poonch, vicino al confine con il Pakistan. Dalle 10 di mattina si sono radunate almeno 3 mila persone, provenienti anche dai vicini villaggi, marciando verso la scuola di St Francis e le residenze degli insegnanti.
 
Per fermare la folla, la polizia ha usato armi da fuoco, bastoni, bombe lacrimogene. Negli scontri 4 manifestanti sono stati uccisi e 19 feriti. La folla ha distrutto decine di uffici governativi, quello della polizia e bruciato almeno otto automobili.
 
L’ironia è che la scuola nel mirino di cristiano ha solo il nome ed è proprietà di musulmani locali, anche se lo staff insegnante è costituito da cristiani provenienti dal Kerala.
 
Ad AsiaNews mons. Peter Celestine, vescovo di Srinagar spiega: “La cosiddetta St Francis School non ha nulla a che vedere con istituzioni cattoliche, protestanti o evangeliche. Essi usano soltanto il nome cristiano per attirare gli studenti. Questo testimonia che anche per i musulmani locali, le istituzioni educative cristiane hanno un’ottima qualità”.
 
“Questa gente – aggiunge – viene raccolta dai villaggi vicini e incitata ad attaccare, infiammata da zelo religioso”.
 
Nei giorni scorsi però, alcune scuole cattoliche sono state colpite. Fra queste vi è la Good Shepherd’s School del missionario Jim Borst, a Pulwama. La folla ha bruciato parte dell’edificio principale e ha saccheggiato altre due costruzioni. Secondo testimoni, i manifestanti provenivano da villaggi vicini sotto l’influenza degli “Allahwales” e dei Devbandis”, gruppi fondamentalisti vicini ai wahabiti.
 
La gente locale, musulmana, ha espresso solidarietà verso il missionario e si dicono pronti ad aiutarlo a rimettere in funzione la scuola. P. Jim, da parte sua, ha inviato una lettera alle famiglie legate alla scuola, promettendo di riaprirla subito non appena terminerà l’obbligo del coprifuoco. Intanto il sacerdote è vigilato dalla polizia per evitare attacchi contro di lui.
 
Il 14 settembre scorso un’altra scuola ha rischiato di essere bruciata: si tratta della Christ School di Poonch. Solo l’intervento della polizia ha fermato la folla inferocita a soli 500 metri dall’edificio.
 
P. Matthew, il preside spiega ad AsiaNews: “Abbiamo 1522 studenti e solo 40 sono cristiani; i musulmani sono il 40% degli alunni, poi vi sono indù e sikh. Abbiamo sempre goduto del profondo rispetto da parte dei locali. Molte autorità islamiche ci hanno espresso il loro dispiacere per il tentativo di incendio e hanno condannato l’attacco. Ma la gente è manipolata e spinta alla frenesia da false notizie”.