Fuori legge un terzo delle medicine tradizionali cinesi
Dal 1° dicembre è proibita la vendita di farmaci privi di autorizzazione statale. I produttori lamentano che per ottenere la licenza occorrono esami di laboratorio molto costosi e complessi. Ma altri rispondono che i prodotti tradizionali talvolta non soddisfano gli standard attuali.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Un terzo delle medicine tradizionali prodotte in Cina rischiano di essere fuorilegge dal 1° dicembre, quando è entrata in vigore la normativa che richiede una licenza statale che indichi, tra l’altro, i componenti, il Paese di produzione, il numero di registrazione e la data di scadenza, oltre a una dettagliata spiegazione dei casi di utilizzo, delle dosi e dei possibili effetti collaterali.

La Chinese Medicine Ordinance è stata approvata da 11 anni, ma subito prima del 1° dicembre il Dipartimento per la Salute ha comunicato che solo 11.820 delle 16.730 specialità medicinali in commercio ha una licenza almeno provvisoria. Appena il 15% ha una licenza permanente. La licenza provvisoria è rilasciata ai preparati che hanno superato i test per la assenza di metalli pesanti e di tossicità, di residui di pesticidi e per i limiti microbici. Per la licenza definitiva, occorre indicare e dimostrare gli esatti componenti e l’efficacia del farmaco.

I produttori spiegano che occorre loro più tempo per svolgere i test necessari.

Il primo grande problema – spiegano i produttori - sono gli elevati costi degli esami di laboratorio necessari per assicurare che il prodotto non sia nocivo e produca gli effetti indicati, costi che soprattutto i piccoli imprenditori non possono permettersi.

Wong Ping-ming, presidente della Hong Kong Medicine Dealers’ Guild, spiega al South China Morning Post che “un esame di laboratorio costa 100mila dollari di Hong Kong (9903 euro)”. Aggiunge che questi farmaci sono costituiti da erbe e che perciò la loro composizione non è sempre identica come è per le medicine occidentali preparate con componenti chimici standardizzati.

Yu Kwok-wai, presidente della Hong Kong Chinese Medicine Practitioners’ Rights General Union, è anche scettico circa l’utilità degli esami di laboratorio, perché la loro efficacia non dipende da studi teorici ma dall’esperienza, “molti farmaci cinesi sono stati tramandati dai nostri nonni e noi non abbiamo avuto le risorse per fare studi sistematici sulla loro efficacia”.

Ora questo gruppo sollecita il governo a dare sussidi a chi non può permettersi gli esami di laboratorio e a emanare norme più elastiche per i farmaci cinesi tradizionali.

Ma altri, come William Chui Chun-ming, vicepresidente della Società di Farmacisti ospedalieri di Hong Kong, ritiene che questi produttori non siano in grado di assicurare “farmaci che soddisfino le correnti regole di sicurezza” e consiglia di “non mostrare comprensione”, per prevenire problemi maggiori. Ora – dice “è tempo di eliminare le ditte non in regola con gli standard” richiesti.