Religiose della Santa Croce contro gli abusi e il traffico delle donne nepalesi
di Santosh Digal
A causa della crisi economica ogni anno oltre 7mila donne fuggono in India dove sono spesso vittime di abusi sessuali e sfruttamento della prostituzione. Suor. Jaya e le sue consorelle visitano i villaggi del Terai a confine con l’India e offrono alle donne ospitalità, istruzione e sostegno spirituale.

Kathmandu (AsiaNews) – In Nepal le donne sono sempre più spesso vittime abusi sessuali e droga e il Paese è ormai diventato uno snodo fondamentale per il traffico di prostitute verso l’India. Ciò a causa della povertà che ha colpito la società nepalese, da oltre un anno senza un governo e in preda alla crisi economica. È quanto afferma suor Jaya Ambrose, religiosa indiana della Santa Croce.

La religiosa lavora da 20 anni con i poveri nella località di Bhairhawa, nella regione del Terai, snodo del traffico umano tra India e Nepal. “Noi religiose e sacerdoti – dice - cerchiamo di aiutare questa gente a non cadere e tentiamo di rispondere ai loro bisogni”.

Ogni anno oltre 7mila donne nepalesi vengono inviate in India per essere avviate alla prostituzione. Altro problema sono le famiglie divise, con gli uomini all’estero per lavoro e donne e figli in patria, con un alto rischio di abusi e sfruttamento del lavoro minorile.

 "Quando noi giriamo per le strade – afferma suor Jaya - vediamo famiglie povere ma anche benestanti che fuggono all’estero per poter sopravvivere. Molti genitori affidano i propri figli ai parenti o ad amici. Questa situazione lascia un vuoto nella vita dei bambini che li conduce ad essere vittime di mali sociali quali droga, alcool, abusi sessuali".

Per aiutare questa gente, suor Jaya e le sue consorelle visitano i villaggi e portano nel loro convento prostitute, ragazze vittime di abusi, o donne povere senza famiglia. Le religiose offrono alle donne un aiuto spirituale e  insegnano loro a leggere e a scrivere, aiutandole a trovare un lavoro.   “In questo Paese – afferma suor Jaya  c’è un grande bisogno della presenza dei missionari come messaggeri di pace tra poveri e abbandonati. Dobbiamo ascoltare la voce di chi non ha voce, curare le ferite dei cuori di questa gente”.