Fondamentalismo e relativismo, nemici della libertà religiosa e della pace
di Bernardo Cervellera
Nel suo Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2011, Benedetto XVI mostra solidarietà ai tanti cristiani perseguitati (Iraq, Terra Santa,…), ma mette in luce anche che la persecuzione viene non solo dal terrorismo islamico, ma anche dalle società secolarizzate occidentali che soffocando la dimensione religiosa, eliminano un elemento importante per la vita dell’uomo e la convivenza fra i popoli.
Roma (AsiaNews) -Libertà religiosa, via per la pace”, il Messaggio per la Giornata mondiale della pace del 2011, reso pubblico oggi da Benedetto XVI, strappa il tema della libertà religiosa da questione di semplice difesa dei credenti contro le persecuzioni e lo colloca al centro del presente e del futuro della società mondiale.
 
Esso difende la presenza dei cristiani in Iraq – ricordando il terribile eccidio del 31 ottobre a Baghdad, nella cattedrale siro-cattolica -; ricorda le difficoltà di tanti credenti, impossibilitati a esprimere la loro fede, a difendere la loro religione (v. il caso di Asia Bibi), a cambiarla secondo la ricerca della verità. Ricorda anche le oppressioni vissute dai cristiani di Terra Santa – schiacciati da un doppio fondamentalismo, ebraico e musulmano, dalla guerra degli insediamenti dei coloni israeliani e dalla guerriglia e terrorismo del radicalismo palestinese; le intolleranze a cui sono sottoposti i fedeli in tante parti del mondo africano (Egitto, Algeria, Sudan, Nigeria,…) e asiatico (Nordcorea, Vietnam, Cina, India, Malaysia, Myanmar,…).
 
Ma soprattutto, questo Messaggio fa vedere che la libertà religiosa è una vera “arma della pace”, la cui affermazione permette una missione “storica e profetica” nel mondo contemporaneo (v. n. 15).
Non è difficile riconoscere che proprio in quei Paesi dove più si esercita violenza contro la libertà religiosa, lì vi è un ampio spettro di violazioni a tutti i diritti umani, e una tensione che annuncia possibili guerre. È così in Iran e in Nordcorea; in Pakistan e in Cina; in Myanmar, in Sudan e in Egitto.
 
In tal modo la libertà religiosa si manifesta – se ancora non lo si è capito – di essere la base dei diritti umani, "la cartina di tornasole per verificare il rispetto di tutti gli altri diritti umani" (n.5).
Soprattutto, Benedetto XVI spiega che la libertà religiosa permette ai credenti di offrire senza timore il loro contributo alla società, garantendo per essa ideali che vanno oltre il bieco mercantilismo (n. 2).
 
Per il papa la libertà religiosa è anche la base per la convivenza sociale perché permette di guardare l’altro con rispetto e di coinvolgerlo nel collaborare a una società impegnata per il bene comune e non solo per l’interesse proprio o della propria etnia o gruppo (n.3).
 
Nel documento il papa fa i nomi dei nemici della libertà religiosa che divengono in tal modo anche i nemici della pace. Essi sono il fondamentalismo e il relativismo.
 
Il primo strumentalizza la libertà religiosa (di una religione) “per mascherare interessi occulti, come ad esempio il sovvertimento dell’ordine costituito, l’accaparramento di risorse o il mantenimento del potere da parte di un gruppo, può provocare danni ingentissimi alle società”. E qui il pontefice condanna ancora una volta ogni violenza fatta in nome di Dio, ricordando che la verità si impone con se stessa (v. n. 7). Nelle parole del papa si comprendono le allusioni al radicalismo islamico, a quello indù, al terrorismo.
 
Ma ciò che è curioso e segno di profondità è aver messo vicino al fondamentalismo (sulla cui condanna sono tutti d’accordo) anche il relativismo che svuota di valore la ricerca religiosa e la condanna all’estraniazione nella società. E qui Benedetto XVI ha di mira il mondo occidentale dove, con la scusa di non offendere le altre religioni, si cancellano i segni sacri dalla vita pubblica e si costringe al privato l’esperienza religiosa: “le leggi e le istituzioni di una società – grida il papa - non possono essere configurate ignorando la dimensione religiosa dei cittadini o in modo da prescinderne del tutto” (n. 8). Vengono in mente alcuni dibattiti e tentativi di condannare la Chiesa cattolica come “razzista” perché non dà il sacerdozio alle donne, o non riconosce l’unione fra i gay alla pari dell’unione fra uomo e donna; o il tentativo, in nome dei “diritti delle donne”, di obbligare a praticare l’aborto anche i medici obiettori.
 
Molto mondo occidentale guarda a queste tensioni come delle sciocchezze da sacrestia, dei tentativi dei cattolici di difendere moralità ormai superate. Benedetto XVI dice che queste prese di posizioni del mondo laicista e relativista contro la libertà religiosa sono i segni di una guerra imminente. Il materialismo vuoto dell’occidente, che emargina la religione, è a un passo dal distruggere tutto lo sviluppo civile creato in due millenni di cristianesimo e di cultura europea.
 
Per questo il pontefice domanda che la legislazione dei vari Paesi tenga conto della legislazione internazionale in fatto di diritti umani e religiosi e propone come simbolo per un futuro di pace l’incontro di Assisi del 1986.
 
“Nel 2011 – egli dice - ricorre il 25° anniversario della Giornata mondiale di preghiera per la pace,convocata ad Assisi nel 1986 dal Venerabile Giovanni Paolo II. In quell’occasione i leader delle grandi religioni del mondo hanno testimoniato come la religione sia un fattore di unione e di pace, e non di divisione e di conflitto. Il ricordo di quell’esperienza è un motivo di speranza per un futuro in cui tutti i credenti si sentano e si rendano autenticamente operatori di giustizia e di pace” (n.11).