L’Iran manda per via aerea le apparecchiature per completare la diga Sangtuda-2
L’Uzbekistan si oppone all’opera, per timore di perdere l’acqua del fiume Vakhsh, e blocca alla frontiera circa 2mila treni di materiale costruttivo. Ma l’Iran, che gestirà l’impianto idroelettrico per 12 anni, predispone un ponte aereo. Ora Tashkent appare più disposta a cercare un compromesso.
 Dushanbe (AsiaNews/Agenzie) – L’Iran a fine dicembre ha iniziato a trasportare per via aerea in Tagikistan 75 tonnellate di apparecchiature elettroniche destinate a completare la diga e l’impianto idroelettrico Sangtuda-2, circa 100 chilometri a sud di Dushanbe, che produrrà 220 megawatt di energia elettrica l’anno. Ma l’Uzbekistan continua a opporsi all’opera, per timore che riduca la portata d’acqua del fiume Vakhsh, essenziale per l’agricoltura.
 
Nel 2010, circa 2mila treni di materiali costruttivi diretti in Tagikistan sono stati fermati al confine uzbeko, tra cui almeno 20 treni inviati dall’Iran per realizzare la diga, costruita dalla ditta iraniana Sangob. Ora Tehran ha inviato il materiale per via aerea, e ha anche ammonito Tashkent che se proseguirà il blocco, l’Iran potrebbe impedire il passaggio ai treni uzbeki.
 
Ali Asghar Sherdust, ambasciatore iraniano in Tagiksitan, ha spiegato che le turbine necessarie per Sangtuda-2, prodotte in Cina, sono state portate al porto di Bandar Abbas nell’Iran meridionale. Ogni turbina pesa 140 tonnellate e l’Iran le porterà inTagikistan con un trasporto speciale per via aerea. Si spera di ultimare la diga e iniziare a produrre energia entro il 2011, il Tagikistan ha investito nel progetto 40 milioni di dollarie e l’Iran 180 milioni, a parte il costo del trasporto aereo. In cambio l’Iran gestirà la diga per i primi 12 anni.
 
Il Tagikistan è privo di giacimenti di gas e petrolio e manca di energia elettrica, che ogni inverno deve razionare, ma ricco di corsi d’acqua, per cui sta investendo negli impianti idroelettrici.
 
L’Uzbekistan è invece ricco di energia, che però vende a caro prezzo. Molti fiumi che irrigano le sue vallate nascono in Tagkistan e in Kirghizistan e teme che le dighe che i 2 Paesi stanno costruendo possano diminuire l’afflusso di acqua, essenziale per l’agricoltura. Circostanza che i 2 Paesi a monte negano, osservando che hanno diritto a sfruttare le proprie ricchezze naturali.
 
La diga tagika che l’Uzbekistan teme in modo maggiore è peraltro la Rogun, che il presidente uzbeko Islam Karimov ha spesso definito “una catastrofe economica e ambientale per i Paesi a valle”.
 
Mentre l’Iran inviava le apparecchiatura via aerea, l’Uzbekistan il 29 dicembre ha accordato al Tagikistan un rinvio al 2016 per saldare il suo debito verso Tashkent, derivante soprattutto dalla fornitura di energia, e ha ridotto il pagamento annuale da 11 a 5,5 milioni di dollari. Concessioni importanti per il povero Tagikistan, cui l’Uzbekistan fornisce il 95% dell’energia e nei mesi scorsi ha minacciato di sospendere le forniture. Nel confronto tra i 2 Stati Dushanbe rischia di rimanere isolata, perché ha poco da offrire, mentre tutti hanno interesse ai ricchi giacimenti uzbeki di gas.
 
Il Tagikistan ha debiti verso l’estero per circa 1,79 miliardi, tra cui 378 milioni verso la Banca Mondiale, 325 milioni alla Banca Asiatica per lo Sviluppo e 665 milioni alla Cina.