Leader ahmadi: è urgente un’Indonesia pluralista e tollerante
di Mathias Hariyadi
Guida salda e visione lungimirante i requisiti necessari per una leadership del Paese. Il ministero della Difesa nega attività di proselitismo nell’esercito, volte a convertire gli “eretici”. Solo tre province dichiarano lecita la setta. Attivista indonesiano: il governo deve salvaguardare i diritti della minoranza religiosa.
Jakarta (AsiaNews) – L’Indonesia ha bisogno di “uomini con un forte senso dello Stato”, capaci di mantenere “una guida salda” e dotati di “una visione lungimirante” per promuovere una “società pluralista e civile” nello spirito di “tolleranza verso gli altri e, soprattutto, le minoranze”. È quanto affermano ad AsiaNews due leader ahmadi, setta considerata eretica in molte nazioni islamiche perché non riconosce Maometto come ultimo profeta. Intanto il ministero della Difesa nega vi sia in atto una campagna – promossa da una frangia dell’esercito e della polizia – per costringere gli “infedeli” a “convertirsi all’islam originario e puro”. Tuttavia, le dichiarazioni del governo non bastano a riportare un clima di serenità e sicurezza nella società civile.
 
Un leader ahmadi di Jakarta, dietro anonimato, commenta le ultime voci secondo cui una parte del governo è favorevole alla messa al bando della setta. “Personalmente credo che lo stesso ministro Djoko Suyanto [responsabile della sicurezza interna] sia contrario all’idea di mettere al bando qualsiasi credo religioso. Egli è contrario al bando degli ahmadi”. Sulle province che si sono espresse in modo favorevole, egli spiega che i leader locali non hanno l’autorità legale per colpire gruppi o movimenti religiosi. “Ciò che può essere perseguito – continua la fonte dal Jakarta – sono i comportamenti contrari agli insegnamenti dell’islam o alla dottrina, non un gruppo religioso che promuove un certo tipo di ‘fede’”. 
 
AsiaNews ha interpellato anche un secondo leader ahmadi, originario di Java centrale. Anch’egli dietro garanzia di anonimato nel timore di ritorsioni, tiene a precisare che gli ahmadi praticano lo spirito di amore e tolleranza insegnato dal profeta Maometto. “Amore per tutti – afferma l’esponente della setta – e odio verso nessuno”. Ribadendo che i funzionari provinciali e distrettuali non hanno il potere di mettere al bando movimenti religiosi, il capo ahmadi chiede invece “sicurezza per le minoranze religiose, colpite dalle violenze promosse da altri gruppi”.
 
Dal fronte politico, intanto, si cerca di stemperare le polemiche divampate attorno alle voci di un’opera di “proselitismo” di esercito e polizia. Nei giorni scorsi a Bogor alcuni militari e appartenenti alla sicurezza avrebbero promosso una campagna segreta verso gli ahmadi, invitandoli a “convertirsi” all’islam puro e originale. In una riunione del Parlamento, il ministro della Difesa Purnomo Yusgiantoro ha smentito che sia in atto “l’operazione Sajadah” – termine arabo che significa preghiera, ndr – e i militari non hanno compiti di “proselitismo”.
 
Ad oggi in Indonesia solo tre province hanno dichiarato lecita la setta ahmadi: Yogyakarta, Jakarta e Jambi. La maggior parte delle province non si sono espresse, mentre in diverse zone del West Java, fra cui Bogor e Kuningan, sono frequenti gli atti “violenti” contro i fedeli, con raid e attacchi mirati. Aan Ashori, attivista di Anti-Discrimination Islamic Network (JIAD) – movimento con base a Surabaya, East Java – sottolinea che “bisogna salvaguardare il valore supremo dei diritti umani” in ogni intervento del governo dedicato alla questione ahmadi.