Yangdang, 180 poliziotti picchiano e arrestano un gruppo di cristiani ufficiali
Guidati dal capo dell’Ufficio affari religiosi, gli agenti (di cui diversi in borghese) hanno sfondato la porta del Centro legale dei cristiani del posto e hanno picchiato e arrestato i presenti. Nel Centro si studiavano le leggi e i regolamenti che limitano la libertà religiosa in Cina. Il raid è avvenuto senza alcuna giustificazione legale.
Pechino (AsiaNews) – La polizia di Yangdang, nella provincia centrale dell’Hubei, ha distrutto con la forza il Centro legale dei cristiani locali, che studiavano i regolamenti dell’Ufficio affari religiosi. Un gruppo composto da oltre 180 agenti, guidati dal capo della forza pubblica del luogo e dal funzionario a capo dell’Ufficio affari religiosi, ha lanciato lacrimogeni e picchiato i presenti (fra cui due donne, di cui una in età avanzata) e ha poi distrutto tutto il materiale contenuto nel centro.

La notizia dell’attacco, avvenuto lo scorso 23 febbraio, è stata data dal China Aid, associazione che monitora le violazioni alla libertà religiosa in Cina. I cristiani di Yangdang, che si trova nella municipalità di Zaoyang, hanno scritto un comunicato congiunto per denunciare l’accaduto. Nel testo si legge: “Siamo un gruppo di cristiani di Yangdang, città natale dell’eroe aerospaziale Nie Haisheng, e siamo tutti cittadini rispettosi della Repubblica popolare cinese. Nella nostra vita di tutti i giorni, rispettiamo le leggi e i regolamenti dello Stato. Osserviamo anche le regole di condotta contenute nella Bibbia, in accordo con la legge nazionale”.

Proprio per questo, continua il documento, “non potevamo aspettarci quello che è accaduto alle 6 del pomeriggio dello scorso 23 febbraio. Un gruppo di rappresentanti dello Stato, la cosiddetta ‘polizia del popolo’, ci ha attaccato: hanno compiuto arresti e violenze contro di noi. Nel nostro Centro, circa 20 persone studiano con attenzione le leggi e i regolamenti dell’Ufficio affari religiosi promulgati dal Consiglio di Stato”.

All’improvviso, continua la testimonianza, “oltre 100 agenti in divisa e altre 80 persone in borghese sono entrati nel Centro guidati da Fu Dewu (capo dell’Ufficio municipale per gli affari etnici e religiosi) e da Li Guiming (capo dell’Ufficio religione). Insieme a loro c’era Chai Pujun, direttore dell’Ufficio municipale di pubblica sicurezza: hanno sfondato la porta senza identificarsi e senza alcun tipo di autorizzazione legale, ignorando tutte le procedure previste dal diritto”.

Gli agenti hanno sparato lacrimogeni contro i cristiani, disarmati, e hanno malmenato diverse persone: fra queste anche due donne, di cui una in età avanzata. Nonostante le richieste, conclude il testo, “nessuno è stato portato in ospedale, nonostante le ferite ricevute. Diversi cristiani sono stati ammanettati con la forza e picchiati. Infine, il gruppo ha distrutto ogni materiale presente sul posto incluse alcune videocamere che stavano registrando le violenze”.

La Cina non permette il culto religioso al di fuori delle strutture regolarmente registrate presso lo Stato. Il caso di Yangdang dimostra tuttavia l’aumento della persecuzione anti-cristiana, anche di quella in regola con la legge.