Il Panchen Lama ha 22 anni, da 16 è detenuto
Gedhun Choekyi Nyima, 11ma reincarnazione del Panchen Lama, è stato rapito dalla polizia nel maggio 1995 e da allora è scomparso. Inutili le sollecitazioni mondiali per avere almeno sue notizie. Intanto la polizia cinese invade il monastero Kirti, arresta i monaci, uccide chi si oppone.

Dharamsala (AsiaNews) – Gedhun Choekyi Nyima, 11° Panchen Lama del Tibet, il 25 aprile ha compiuto 22 anni, 16 dei quali vissuti da detenuto insieme alla sua famiglia.

Gedhun, nato il 25 aprile 1989, il 15 maggio 1995 è stato riconosciuto dal Dalai Lama come reincarnazione del 10° Panchen Lama. La polizia cinese lo ha rapito 3 giorni dopo, insieme alla sua famiglia. Aveva 6 anni, da allora manca ogni loro notizia e si ignora persino se siano vivi.

Nel marzo 2010 Padma Choling (Pena Thinley), governatore del Tibet nominato da Pechino, ha detto ai giornalisti che “Gedhun Choekyi Nyima e la sua famiglia vivono una buona vita, come normali cittadini del Tibet”, peraltro senza fornire indicazioni o prove.

Il Panchen Lama è la seconda autorità dopo il Dalai Lama e alla morte di quest'ultimo, dovrebbe essere propio il Panchen a riconoscere la sua nuova reincarnazione. Pechino, dopo avere rapito Gedhun, ha nominato un proprio Panchen Lama, Gyaincain Norbu, che di recente è anche entrato in politica. I tibetani non lo hanno mai riconosciuto.

Lo scorso 8 aprile il Gruppo di Lavoro delle Nazioni Unite su Sparizioni Involontarie e Forzate, in un documento ha ricordato la recente ondata di “sparizioni” coatte avvenuta in Cina, a danno di dissidenti e attivisti per i diritti umani, e ha pure ricordato la “sparizione forzata” di Gedhun, notando che “sebbene le autorità cinesi ammettono di averlo portato via, esse hanno sempre rifiutato di dare qualsiasi informazione su di lui o su dove sia”. “Diverse istituzioni, tra cui il Comitato Onu contro la Tortura, quello sui Diritti del Bambino e soprattutto lo Speciale Relatore sulla Libertà Religiosa e di Fede, hanno chiesto di sapere dove fosse tenuto, senza esito”. Questi enti hanno detto che “la Cina ha violato la Convenzione Internazionale per la Protezione di tutte le Persone contro le Sparizioni Forzate”.

In  questi 16 anni numerosi governi e organizzazioni indipendenti hanno chiesto a Pechino di rilasciare Gedhun, nel rispetto della Convenzione dei Diritti del Bambino, ma il governo cinese ha risposto che “il minore e la sua famiglia hanno chiesto di stare tranquilli”.

Nei giorni scorsi il Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia (Tchrd) ha chiesto alla comunità internazionale di insistere nell’appello per il suo rilascio. Il Centro chiede al governo cinese di consentire al Panchen Lama di incontrare i tibetani per continuare la tradizione secolare di successione del capo spirituale della popolazione tibetana. Anche altre 5 organizzazioni di tibetani in esilio hanno chiesto alla Cina notizie su Gedhun, manifestando “immensa preoccupazione” per la sua sorte, dopo tanti anni.

Tenzin Choedon, direttore nazionale di Studenti per un Tibet Libero, ha pure ripetuto la sollecitazione alla “comunità internazionale perché ritenga la Cina responsabile e perché insista per l’immediato rilascio” di Gedhun.

Intanto Pechino prosegue la persecuzione contro la popolazione e i monaci tibetani. Il 21 aprile la polizia ha invaso il monastero di Kirti, prefettura Ngaba (Sichuan), dopo averlo assediato per settimane, e ha arrestato oltre 300 monaci, portati via su pullman. Centinaia di tibetani hanno cercato di fermare i pullman, ma sono stati percossi a sangue con 2 morti, tra cui una donna di 65 anni chiamata Sherkyi.  Molti altri dimostranti hanno avuto ferite gravi e a decine sono stati arrestati, solo i più anziani sono stati rilasciati il giorno dopo. I monaci di Kirti si erano rifiutati di partecipare a corsi di “rieducazione politica”, ordinati dopo che il 17 marzo un monaco del monastero si è dato fuoco per protestare contro l’occupazione cinese. (NC)