Egitto, l’inquietante "no" dei militari a osservatori internazionali durante le elezioni
Il voto rischia di trasformarsi in una farsa per mantenere lo status quo e favorire i Fratelli Musulmani. Magistrati e funzionari impreparati nel far rispettare le regole di trasparenza. Non convince la nuova legge elettorale varata dall’esercito. Eliminate le quote rosa dal parlamento.
Il Cairo (AsiaNews) – Il Consiglio supremo delle forze armate approva la nuova legge elettorale che regolerà le prime elezioni libere dell’Egitto, ma rifiuta l’appoggio di osservatori internazionali per garantire la trasparenza del voto. L’esercito ha però assicurato massima efficienza e chiarezza, affidando il controllo delle elezioni alla magistratura e riservando ai militari il compito di mantenere la sicurezza.

Secondo una fonte di AsiaNews, questo è il primo passo per il ritorno al vecchio regime e al mantenimento dello status quo. “Senza un controllo imparziale – afferma – sarà impossibile avere delle vere elezioni. Agendo in questo modo, l’esercito ha perso ogni tipo di credibilità”. Per la fonte ciò spianerà la strada ai Fratelli musulmani, che stanno lavorando insieme al vecchio establishment per la spartizione dei poteri. “Lo Stato egiziano – spiega - non ha forze sufficienti per monitorare un così vasto e complicato territorio. Spesso chi dovrebbe controllare si piega a logiche di gruppi e partiti”. Secondo la fonte l’Egitto è ancora lontano dall’avere una vera democrazia. “Non esiste una vera politica – sottolinea – tutto gravita ancora intorno alle logiche di regime e alla spartizione del potere fra pochi”.

La nuova legge elettorale approvata ieri prevede una camera di 504 seggi, metà dei quali riservati a operai e contadini, e abolisce la 'quota rosa' introdotta dal vecchio regime. Il voto avverrà con un sistema misto, proporzionale con liste di partito, e maggioritario uninominale. Le tre fasi del voto si terranno a 15 giorni una dall'altra. Per ''dare maggiori possibilità ai giovani'', l'età per candidarsi alla Camera sarà abbassata da 30 a 25 anni.

Il cambiamento non convince le formazioni politiche laiche e i nuovi gruppi nati dopo la caduta di Mubarack. P. Rafic Greiche, portavoce della Chiesa cattolica egiziana, sottolinea il sapore stantio della riforma, che favorisce un voto basato ancora su logiche tribali e sociali e non su ideali politici e democratici. “Il voto è troppo complicato – afferma – gli egiziani sono gente semplice e la nuova legge rischia di confondere le idee alla popolazione, soprattutto nelle aree periferiche”. Il sacerdote spiega che in realtà la nuova legge ha poche novità e mantiene ancora le vecchie divisioni derivanti dal socialismo di Nasser. “Per cambiare sul serio le cose – spiega – serve un sistema aperto e non bloccato su delle quote prestabilite, che favoriscono i vecchi gruppi di potere”. (S.C.)