Aperta a Beirut l’ambasciata del nuovo “Stato palestinese”
di Paul Dakiki
Cerimonia di inaugurazione alla presenza di Mahmoud Abbas e Najib Mikati. Secondo Abbas, 122 Stati-membri dell’Onu appoggiano la loro proposta di un seggio Onu allo Stato palestinese. Netanyahu accusa Abbas di “scelte unilaterali”, ma non ferma i progetti “unilaterali” delle colonie israeliane.
Beirut (AsiaNews) – Con l’alzabandiera e la scoperta di una lapide commemorativa ad opera di Mahmoud Abbas, è stata inaugurata l’ambasciata del nuovo Stato palestinese.  La cerimonia ha voluto “aggiornare” la delegazione palestinese presente in Libano al ruolo di vera e propria ambasciata, alla presenza di Abbas, presidente dell’Autorità palestinese, e del premier Najib Mikati.

Abbas è in Libano per una vista di due giorni per chiedere il sostegno del Libano alla richiesta palestinese di un seggio all’Onu come Paese-membro. L’appoggio del Libano è importante perché esso è uno dei 10 membri non permanenti al Consiglio di sicurezza e il Libano sarà presidente temporaneo del Consiglio proprio in settembre, quando i palestinesi vogliono presentare la richiesta all’Assemblea Onu.

Secondo dichiarazioni di Abbas pubblicate sui media libanesi, “finora 122 Stati [su 193 nazioni membri dell’Onu] ci sostengono in questo progetto”.

La quieta diplomazia palestinese dura da oltre un anno e vorrebbe presentare la candidatura per l’Assemblea Onu del 20 settembre prossimo. Molti Paesi latinoamericani ed europei si sono espressi a favore di uno Stato palestinese “entro i confini del 1967”.

Ma gli Stati Uniti – con un deciso voltafaccia di Barack Obama – hanno dichiarato che porranno il veto per una discussione del tema in Assemblea Onu.

In questi mesi Israele ha messo in allerta molte sue ambasciate nel mondo per cercare di far franare il progetto ed è molto rincuorata dell’appoggio statunitense.

Giorni fa il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato che “il processo di pace può avanzare solo con onesti e diretti negoziati, e non con decisioni unilaterali”.

Il processo di pace è fermo perché Israele continua in modo unilaterale ad accrescere il numero di colonie nei territori occupati e a Gerusalemme est rendendo impossibile sulla carta una continuità territoriale necessaria a definire i confini di uno Stato.