Borneo: team anglo-malaysiano costruisce “ponti” agli orangutan
Una squadra di esperti dello zoo di Chester collaborerà con il Kinabatangan Orang-utan Conservation Project. Deforestazione e infrastrutture hanno devastato l’ecosistema naturale degli animali. Il progetto partirà nell’ottobre prossimo ed è solo “il primo passo” di un lungo periodo.
Kuala Lumpur (AsiaNews/Agenzie) – Un team di esperti dello zoo di Chester, in Inghilterra, collaborerà con gli omologhi del Borneo malaysiano, per costruire speciali “ponti per orangutan”. Il progetto prenderà il via a ottobre del 2011; verranno realizzate strutture che permetteranno agli animali di muoversi liberamente, in un’area martoriata dalla deforestazione. Per la costruzione dei “ponti” prevede l’uso di materiali già a disposizione dei primati, nell’area loro riservata.

Marc Ancrenaz, co-fondatore del Kinabatangan Orang-utan Conservation Project, guida l’iniziativa che si avvale del sostegno di esperti britannici e non. Nick Davis, ambientalista dello zoo di Chester, spiega che il materiale applicato è presente nella recinzione usata per delimitare l’area riservata agli orangutan. E spiega di avere a disposizione un “materiale limitato” nella costruzione, perché la forza degli animali è tale che “distruggono tutto”.

Da cinque anni il gruppo guidato da Ancrenaz, con base al villaggio di Sukau, nel Borneo malaysiano, lavora per lo sviluppo di un ambiente adatto alle scimmie, tra cui ponti per i loro spostamenti. Il progetto è nato dopo aver studiato a lungo una popolazione di oranghi, suddivisa in 20 piccoli nuclei a causa dello sviluppo di piantagioni di palma da olio, strade, fiumi artificiali. A differenza di altri suoi simili, l’orangutan non è in grado di nuotare e i fiumi diventano barriere insormontabili; inoltre, la deforestazione ha causato la diminuzione esponenziale di quelli che sono “ponti naturali”, usati dagli animali per lo spostamento.

Il prossimo mese di ottobre, gli ambientalisti ed esperti zoologi inglesi partiranno alla volta della Malaysia. Essi auspicano che il progetto di sviluppo nella regione sia programmato nel lungo periodo. “È solo il primo passo” conclude Davis, che lancia l’allarme: “Il problema è la progressiva frammentazione delle foreste – spiega – che potrebbe rendere impossibile il movimento degli orangutan”.