Giornata internazionale della nonviolenza, la spiritualità di Gandhi contro la corruzione
di Anthony Charanghat
Il commento del portavoce dell’arcidiocesi di Mumbai sull’eredità lasciata dal Mahatma Gandhi agli indiani, ormai “inghiottiti dalla corruzione, dal consumismo e dalla violenza”.
Mumbai (AsiaNews) – Domani, anniversario della nascita del Mahatma Gandhi, si celebra la Giornata internazionale della nonviolenza, promossa nel 2007 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Riconosciuto dall’India come “Padre della nazione” e soprannominato Bapuji dai suoi seguaci, per Gandhi il satyagraha era l’unico modo legittimo per ottenere i diritti politici. Secondo p. Anthony Charanghat, portavoce dell’arcidiocesi di Mumbai e direttore delle Comunicazioni cattoliche, oggi, che siamo “inghiottiti” dalla corruzione e dal consumismo, abbiamo bisogno del coraggio, del carattere e del carisma del Mahatma. Di seguito, riportiamo il commento del sacerdote, anche direttore del  settimanae diocesano The Examiner, sull’eredità lasciata da Gandhi.

Oggi, inghiottiti come siamo dalle forze oscure della corruzione, del consumismo e del massacro, abbiamo bisogno del coraggio, del carattere e del carisma del Mahatma Gandhi. Egli ha avuto l’audacia di dire la verità; era pronto al sacrificio per purificare se stesso; e ha puntato alla nonviolenza per sconfiggere la violenza. Egli ha guidato la nostra nazione verso la libertà, via dalla schiavitù dell’oppressione e del male.

Per Gandhi, il satyagraha – fondato sui principi di satya (verità), tyaag (sacrificio) e ahimsa (nonviolenza) – era l’unico modo legittimo per ottenere i propri diritti politici. Il satyagraha è uno stile di vita, di verità e sacrificio, che guida le modalità dell’attivismo politico di chi segue i suoi principi. Da un punto di vista personale, significa una vita fondata sulla verità, incrollabile anche di fronte alle avversità. Da un punto di vista politico, il satyagraha comporta l’uso di misure nonviolente per frenare gli avversari; far comprendere loro il male che fanno piuttosto che costringerli alla sottomissione.

Gandhi parlava sempre di sacrificio personale. La chiave dei suoi coraggiosi successi risiede proprio nel suo modo di vivere. Egli credeva che quanto più noi purifichiamo le nostre vite, tanto più queste serviranno Dio nel fermare guerre, povertà e ingiustizie. Per questo scopo, egli ha digiunato in modo regolare; ha donato il suo denaro e i suoi beni personali; ha rinunciato alla sua carriera; è andato a vivere in una fattoria; cuciva da solo i suoi abiti, vestendo come i più poveri.

Gandhi ha sfidato le persone di fede a riconoscere l’ipocrisia nelle loro vite. Egli sosteneva che non possiamo andare un giorno in chiesa, in sinagoga o in moschea, e quello successivo autorizzare guerre, sostenere esecuzioni capitali, fomentare il razzismo, o pagare per avere armi nucleari.

Bapuji, com’era soprannominato il nostro amato Padre della nazione, sapeva che la sua arma più potente era la preghiera. Attraverso la sua meditazione quotidiana, egli è arrivato a credere nella presenza e nella vicinanza di Dio nella vita di tutti i giorni. Questi aspetti spirituali della nonviolenza sono un dovere per un vero gandhiano che desidera trasformare in modo efficace l’attuale scenario politico, e liberare il Paese dalla corruzione.

Ha collaborato Nirmala Carvalho