Tsunami, pochi aiuti dai paesi arabi

Riyadh (AsiaNews/Agenzie) – I governi dei ricchi paesi arabi, sviluppatisi grazie all'opera di milioni di lavoratori asiatici, sono criticati in modo aspro dai commentatori della regione per gli scarsi aiuti devoluti alle popolazioni colpite dallo tsunami.

Su un totale di 3,7 miliardi di dollari, il contributo dei paesi arabi ammonta a soli 113 milioni di dollari: una raccolta fondi televisiva in Arabia Saudita, terminata ieri mattina, ha raccolto più di 83 milioni di dollari in offerte elargite da privati. Negli appelli televisivi, gli studiosi del Corano hanno ricordato ai telespettatori che "l'islam promuove la carità" e che è "dovere di ogni musulmano aiutare i poveri e i bisognosi".

Gli analisti del regno saudita, il più grande esportatore di petrolio, con decine di migliaia di lavoratori asiatici, hanno criticato il governo sottolineando che ha donato "pochi aiuti nonostante i proventi  per la crescita record del prezzo del greggio".

I funzionari del regno rispondono che i 30 milioni di dollari stanziati e le tonnellate di cibo, medicine e altro genere di aiuti sono "generosi" in relazione alla popolazione e all'economia del paese.

I "ricchi" Emirati Arabi Uniti hanno donato "solo" 20 milioni di dollari, il vicino Qatar 25, mentre il Bahrain 2 milioni, a dispetto della forza lavoro presente in quei paesi, costituita in larga maggioranza da lavoratori pakistani, indiani, indonesiani e dello Sri Lanka che vivono in condizioni di sfruttamento e di semi-schiavitù.

Mohamed Ali al-Harfy, editorialista del quotidiano saudita Al Watan, afferma che "la somma, messa in relazioni ai proventi dei ricchi paesi arabi, è decisamente scarsa se paragonata alla catastrofe che ha colpito l'Asia".

Re Fahd, il principe onorario Abdullah e altri importanti funzionari del regno hanno dato il via alla maratona televisiva donando 10 milioni di dollari; il principe Alwaleed bin Talal, uomo d'affari multimiliardario, ha donato soldi, tende e vestiti per un totale di 19 milioni di dollari.

Gli economisti precisano che, a dispetto di una vasta disponibilità economica, il governo saudita deve fronteggiare un debito pubblico di 163 milioni di dollari e avviare una serie di progetti per lo sviluppo per creare nuovi posti di lavoro per i suoi abitanti; la disoccupazione è diffusa, molti vivono in condizioni di povertà e il paese deve fronteggiare l'ondata di violenza dei fondamentalisti islamici legati ad al-Qaeda.