Vangelo e diritti umani “sono il cammino della Chiesa in Corea”
di Theresa Kim Hwa-young
Nel messaggio pubblicato ieri dalla Commissione episcopale coreana Giustizia e pace in occasione della 30ma Domenica per i diritti umani, il vescovo di Suwon spiega: “Abbiamo bisogno di guardare il mondo dalla prospettiva del Vangelo per vincere le nostre sfide”.
Seoul (AsiaNews) - Aborto, pena di morte ed eutanasia. Sono queste “le minacce maggiori che oggi la Corea del Sud deve affrontare se vuole divenire un vero Stato di diritto”, in cui “i diritti umani siano la priorità della popolazione e di chi la governa”. È il senso del messaggio pubblicato ieri dalla Commissione episcopale coreana Giustizia e pace in occasione della 30ma Domenica per i diritti umani.

Il testo è a firma di mons. Mattia Ri Iong-honn, presidente della Commissione e vescovo di Suwon. Nel messaggio – intitolato “Vocazione cristiana per imparare e mettere in pratica la giustizia e la pace” – il vescovo spiega come la Chiesa locale si sia “sempre opposta a tutti quegli artifici che riguardano la vita umana: aborto, pena di morte, eutanasia. Ma anche ricerca sugli embrioni, che violano la dignità della vita e dell’essere umano”.

In effetti, i cattolici sudcoreani sono impegnati da tempo in questo ambito. La Chiesa promuove in tutti i settori della società dibattiti, progetti concreti e seminari su questi argomenti, che sono al primo posto dell’interesse anche dell’opinione pubblica non cristiana. Secondo il presule, “va continuata questa strada. Insieme abbiamo sottolineato gli errori e i pericoli insiti in queste ricerche e in quei progetti, come quello dei ‘Quattro grandi fiumi’, che mettono in pericolo l’ecosistema”.

Per affrontare queste sfide con il giusto spirito, la Conferenza episcopale coreana ha lanciato nel corso dell’Assemblea generale dello scorso autunno una “Settimana della dottrina sociale”. Iniziata proprio ieri, la Settimana punta a “interpretare la società con la prospettiva del Vangelo”.