Cristiani pakistani per una legge sul divorzio che salvi le donne dalla poligamia
di Jibran Khan
Fra i promotori della riforma la Commissione di Giustizia e pace, insieme a personalità della Chiesa cattolica e protestante. Ad oggi vale una legge del 1862, che discrimina la minoranza religiosa rispetto ai musulmani. Maggiori tutele alle donne, che potranno risolvere in modo più veloce casi di abusi o poligamia del marito.
Islamabad (AsiaNews) - Al termine di una lunga battaglia politica e legale, i cristiani hanno ottenuto il primo via libera alla modifica della norma che regolamenta matrimoni e divorzi. In prima fila nella lotta per il cambiamento, la Commissione nazionale di Giustizia e pace della chiesa cattolica pakistana (Ncjp) che ha proposto una serie di emendamenti che sono ora sul tavolo del ministero per i Diritti umani. Il movimento ha lavorato per anni con il proposito di aggiornare una legge che risale al 1869; esso è composto, oltre ai rappresentanti di Ncjp, da personalità della Chiesa cattolica, dalla Chiesa del Pakistan (che unisce cinque chiese protestanti fra cui anglicani, metodisti e luterani), la United Presbyterian Church, la Reformed Church of Pakistan, le Chiese pentecostali e la sezione locale dell'Esercito per la Salvezza. Un movimento trasversale, unito nel garantire maggiori tutele e diritti anche alla minoranza cristiana, discriminata anche in tema di unioni legali.

Fino ad oggi matrimoni e divorzi sono regolati dal Christian Marriages Act of 1872 e dal Divorce Act of 1869. Due norme arcaiche, inserite all'interno del diritto civile, che possono richiedere anche anni prima di giungere a sentenza. Per la maggioranza musulmana, invece, le pratiche per accertare la regolarità di un matrimonio o sancirne l'invalidità sono più spedite e si risolvono in pochi mesi. In ballo non vi è solo una questione di libertà di coscienza o sacralità dell'atto, che per il movimento cristiano resta un principio fermo. L'emendamento alla legge, che presto verrà presentato all'Assemblea nazionale e porterà "sostanziali modifiche", disciplina in modo più chiaro e articolato le possibilità di scioglimento dell'unione, finora limitata ai casi di adulterio e che richiedevano fino a otto anni e la ratifica dell'Alta corte per essere accettate.

Attivisti per i diritti umani e personalità della Chiesa ricordano i casi di violenze, di donne cristiane unite a uomini convertiti all'islam e che prendono in spose altre mogli, costruendo di fatto famiglie imperniate sulla poligamia; e ancora, oltre agli esempi estremi di violenze o ripudio dell'uomo, vi sono anche fattori come bigamia e adulterio che, se riferiti alla minoranza cristiana, non potevano essere regolati dalla Family Courts Ordinance del 1964, valida solo per la maggioranza musulmana. In passato un comitato di tre personalità cristiane ha tentativo di promuovere una riforma, che si è fermata davanti al colpo di Stato militare dell'allora generale Pervez Musharraf che, nell'ottobre 1999, ha rovesciato il governo in carica.

Interpellato da AsiaNews p. Anwar Patras, sacerdote a Rawalpindi, parla di "un grande passo" e di sforzi che "si sono finalmente trasformati in realtà". Le leggi finora in vigore, aggiunge il prete, sono state causa di "grandi sofferenze", con casi arenati nei tribunali "per otto e più anni, senza risultato alcuno". Tra i motivi che possono invalidare il matrimonio vi sono il mancato consumo entro l'anno dalla celebrazione o che la sposa sia sottoposta a gravi minacce. Anche in questi casi, la leadership cristiana auspica che le nuove norme possano garantire un'accelerazione ai procedimenti.