“Gesù nostro contemporaneo” scuote l’Asia e l’Europa
All’evento internazionale a cura del Progetto culturale della Conferenza episcopale italiana, il card. Joseph Zen mette in luce la vitalità della Chiesa in Cina e ad Hong Kong. Per il card. Bagnasco, in occidente c’è una “strana reticenza” nel parlare di Gesù. Il papa: molti credenti affrontano sofferenze e persecuzioni per Gesù ancora oggi.
Roma (AsiaNews) – “Gesù è mio contemporaneo attraverso i santi e le persone che soffrono”: così il card. Joseph Zen Ze-kiun, vescovo emerito di Hong Kong, ha sintetizzato la sua esperienza parlando al convegno internazionale “Gesù nostro contemporaneo”, promosso dal Progetto culturale della Conferenza episcopale italiana, il cui presidente è il card. Camillo Ruini.

Parlando davanti a diverse centinaia di persone, il card. Zen ha raccontato ieri sera alcuni fatti della sua vita personale a Shanghai e ad Hong Kong e del periodo in cui egli era insegnante nei seminari della Cina popolare, mettendo in luce la fede profonda della Chiesa cinese, come pure le difficoltà in cui essa è immersa.

La “contemporaneità di Gesù” si vede anche dalla “contemporaneità della croce”, ha detto il porporato e ha ricordato un grande campione della fede in Cina, mons. Antonio Li Duan, il defunto vescovo di Xian (morto nel 2005), grande tessitore dell’unità della Chiesa in Cina, e dell’unità con il papa. Il card. Zen ha raccontato che nel 2000 mons. Li Duan ha rifiutato per due volte di sottomettersi alla politica religiosa del partito, rifiutandosi di andare a una ordinazione episcopale illecita (senza il mandato del papa) e a un incontro a Pechino dove si doveva firmare un documento contro il papa Giovanni Paolo II (che aveva canonizzato i martiri cinesi).

Il card. Zen ha messo in luce che pur dentro le pressioni e le persecuzioni, in Cina vi sono molte conversioni al cristianesimo. E anche ad Hong Kong , piccola comunità di 350mila fedeli su una popolazione di 7 milioni e passa di abitanti, vi sono ogni anno migliaia di battesimi di adulti.

È stato proprio il card. Angelo Bagnasco, presidente della Cei, a iniziare il convegno ieri, mostrando le differenze fra i Paesi extraeuropei ed europei sulla questione della fede in Gesù Cristo: “Mentre in Africa, Asia, America latina, la freschezza del cristianesimo si tocca con mano e giovani Chiese (come la Corea del Sud) crescono a ritmi vertiginosi, da noi non si registra lo stesso slancio, il medesimo ardore nell’annuncio di Gesù Cristo Signore e Salvatore, per cui «la fede corre il pericolo di spegnersi come una fiamma che non trova più alimento»”.

Oggi, ha ribadito il card. Bagnasco, c’è “una strana reticenza a dire Gesù” che rischia di trasformare i credenti in “ripetitori stanchi di un cristianesimo scontato e insipido”. Di qui la necessità e l’urgenza di “una stagione di nuova evangelizzazione”, a partire dalla consapevolezza che l’uomo “fuori da Cristo, facilmente perde se stesso” e che la questione “sul senso ultimo e definitivo della vita e del mondo, sull’enigma del tempo e della morte” è “la questione che attraversa la storia umana”.

Per celebrare l’evento Benedetto XVI ha inviato al presidente della Cei un Messaggio in cui apprezza “la scelta di dedicare alla Persona di Gesù” le giornate del convegno che potranno “avere risonanza nella comunità ecclesiale e sociale italiana”.

Per il pontefice, “molti segnali… rivelano come il nome e il messaggio di Gesù, pur in tempi così distratti e confusi, trovino… interesse… anche in coloro che non giungono ad aderire alla sua parola di salvezza”.

E dopo aver ribadito l’urgenza di “aprire a Dio una strada nel cuore e nella vita degli uomini”, Benedetto XVI ha ricordato che “la vicenda di Gesù di Nazareth, nel cui nome ancora oggi molti credenti, in diversi Paesi del mondo affrontano sofferenze e persecuzioni, non può dunque restare confinata in un lontano passato, ma è decisiva per la nostra fede oggi”.