Il cargo italiano “era in acque indiane, non internazionali”. Giustizia per i pescatori cattolici
Lo conferma ad AsiaNews p. Ignaci Rajasekaran, cancelliere dell’arcidiocesi di Trivandrum (Kerala). Il sacerdote ha incontrato di persona i sopravvissuti e i familiari delle vittime. L’incidente è avvenuto alle 16,30 (ora locale) e il peschereccio indiano è rientrato alle 22,30 in porto: “Tempi troppo ravvicinati. Per raggiungere la costa da acque internazionali occorre più di una giornata”. Arrestati i due marò ritenuti colpevoli.

Trivandrum (AsiaNews) - "Quando ha sparato, la petroliera italiana era in acque indiane, non internazionali. E i pescatori stavano riposando, eccetto le due vittime: il timoniere Ajesh Binki, 25 anni, e il suo compagno Jalastein, 45 anni. Era il loro turno di vedetta". È la versione di p. Ignaci Rajasekaran, cancelliere dell'arcidiocesi di Trivandrum, ad AsiaNews, che non coincide per nulla con quanto sostiene la marina italiana. Gli 11indiani a bordo del peschereccio sono cattolici e Jelestein apparteneva proprio all'arcidiocesi di Trivandrum. Insieme all'arcivescovo, mons. Soosa Pakiam M, p. Rajasekaran ha accompagnato i familiari delle vittime a riprendere i corpi e ha organizzato i funerali. Questo pomeriggio (ora indiana) Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i marò ritenuti colpevoli di aver aperto il fuoco, dovranno presentarsi davanti al magistrato di Kochin per rispondere all'accusa di omicidio, in base all'art. 302 del Codice penale indiano. La polizia indiana ha fermato ieri i due militari. Le versioni di India e Italia continuano a non combaciare. La Marina italiana sostiene che la petroliera Enrica Lexie si trovava in acque internazionali al momento dell'incidente e che i due marò avrebbero sparato scambiando i pescatori per pirati, a causa dell'atteggiamento "ostile".

P. Rajasekaran, che ha incontrato i familiari delle vittime e i nove sopravvissuti, racconta: "I pescatori erano originari della diocesi di Quilon e dell'arcidiocesi di Trivandrum. Alle 16,30 (ora locale), gli uomini stavano riposando, perché è di notte che si pesca. In quel momento, la nave italiana era già entro i limiti delle acque territoriali indiane. Binki, il timoniere, era di vedetta. È stato colpito in pieno viso, sotto l'occhio sinistro, ed è morto sul colpo. Jalastein si è alzato ed ha ricevuto un colpo sul petto. Intanto, gli altri nove si sono svegliati e da sottocoperta hanno comunicato con l'imbarcazione più vicina. Questa ha lanciato l'allarme alla guardia costiera".

Tempi e luogo in cui si è verificato l'incidente sono i punti intorno ai quali si scontrano le versioni italiana e indiana. "Appena contattata - sottolinea il sacerdote ad AsiaNews - la guardia costiera di Kochin ha ordinato al peschereccio di rientrare in porto. Nella fase di ritorno, la barca si è fermata altre tre volte a causa di problemi tecnici. Alla fine, il peschereccio indiano ha raggiunto la costa alle 22,30 (ora locale). Considerando l'ora dell'attacco e quella di arrivo in porto, è evidente che il cargo italiano e la barca indiana si trovassero in acque territoriali. Questo deve essere molto chiaro, perché nessuna imbarcazione può raggiungere la costa in meno di una giornata se si trova in acque internazionali".

Il pensiero di p. Rajasekaran va ai sopravvissuti e alle famiglie delle vittime. In particolare quella di Jelestein, membro dell'arcidiocesi di Trivandrum. "Jelestein - spiega - era sposato e aveva un bambino. Non avendo più i genitori, si occupava anche delle due sorelle più piccole, di 13 e 17 anni. Sono tutti molto giovani e lui era l'unico a provvedere alla famiglia. Chi si occuperà ora di loro? Come farà la vedova?". Al momento, il governo del Kerala ha promesso 500mila rupie (circa 7.700 euro) a ognuna delle famiglie delle due vittime. Tuttavia, il sacerdote denuncia un problema di sicurezza: "Spesso i nostri pescatori devono spingersi molto al largo, dove incontrano cargo stranieri o navi da crociera che oltrepassano i limiti delle acque extraterritoriali e rovinano il pescato, o danneggiano le reti. Ciò compromette in maniera seria la vita e la sopravvivenza di questi lavoratori e delle loro famiglie".

L'incidente con l'Enrica Lexie rappresenta però un caso straordinario. "È disumano e inaccettabile - conclude - che un'imbarcazione straniera possa sparare con questa libertà entro i confini di un altro Paese. La nave italiana non ha lanciato alcun avvertimento prima di sparare. Le famiglie di questi poveri uomini hanno diritto ad avere giustizia". (GM)