Il governo indonesiano vuole proibire le minigonne
di Mathias Hariyadi
La messa al bando dovrebbe entrare in vigore da maggio e si inserisce nella campagna di moralizzazione del Paese. Essa non varrà nella turistica Bali e a Papua, dove vivono le popolazioni tribali. Critiche dagli attivisti per i diritti umani. L’ex presidente Megawati parla di manovra diversiva per distogliere l’attenzione da problemi concreti.

Jakarta (AsiaNews) - L'Indonesia mette al bando le minigonne. Secondo quanto dichiarato ieri da Suryadharma Ali, ministro per gli Affari religiosi, il governo è intenzionato a "combattere con serietà" la tendenza delle donne a indossare abiti sexy, fra cui le celebri "mini", perché in contrasto con i principi e la morale islamica. La decisione ha subito incontrato il plauso dei movimenti radicali, fra cui l'approvazione del Consiglio degli ulema (Mui) che invita l'universo rosa a indossare "capi di abbigliamento musulmani". Opposizione e attivisti per i diritti umani invitano l'esecutivo a occuparsi di economia e bollano la proposta come disperato tentativo di deviare l'attenzione da problemi più concreti, come l'aumento dei prezzi del carburante (cfr. AsiaNews 28/03/2012 Aumenta gasolio e benzina: scontri e feriti in tutta l'Indonesia), ingraziandosi al contempo la frangia estremista locale.

L'intenzione di mettere al bando i vestiti "sexy" è stata fatta da Ali - attuale presidente del partito filo-islamico United Development Party (Ppp) - durante una seduta parlamentare a Senayan, Central Jakarta. Egli ha trattato l'argomento anche in qualità di "segretario generale" della neo-nata task force presidenziale, chiamata a combattere contro la pornografia come chiesto da Susilo Bambang Yudhoyono a metà marzo.

Con il decreto No 25/anno 2012, il capo di Stato ha sancito la nascita ufficiale della Commissione, sotto la guida del ministro per il welfare Agung Laksono; essa vigilerà sui costumi, tra cui l'abbigliamento, ed eventuali esibizioni a carattere sessuale in luogo pubblico. La norma "anti-minigonna" dovrebbe entrare in vigore dal prossimo mese di maggio; saranno esentate dalla norma la località turistica di Bali, dove vi sono molti stranieri, e la provincia di Papua, dove le popolazioni tribali native della zona continuano a indossare capi tradizionali "mini".

L'ex presidente Megawati, leader del movimento nazionalista Indonesian Democratic Party Struggle (Pdip) critica con ferocia la proposta governativa; essa serve solo a distrarre l'opinione pubblica da problemi più concreti, come l'aumento dei prezzi del carburante che ha causato enormi tensioni sociali. Critiche piovono anche dai movimenti per i diritti umani: Andi Yentiani, della Commissione nazionale per i diritti delle donne, sottolinea che "vi sono questioni più importanti da trattare".

L'Indonesia è famosa per le sue campagne di moralizzazione, in nome della Shariah e del costume islamico: fra queste la recente proposta di cancellazione del concerto di Lady Gaga, la lotta contro l'alzabandiera "perché Maometto non lo aveva mai fatto"; prima ancora avevano lanciato anatemi contro il popolare social network Facebook perché "amorale", contro lo yoga, il fumo, i jeans e il diritto di voto, in particolare alle donne.