Dai Paesi del Golfo cento milioni di dollari ai ribelli per cacciare Assad
Serviranno per i salari dei combattenti. L'Arabia saudita vorrebbe armarli, ma si teme una guerra civile a tutto campo. Gli Usa sosterranno i ribelli con aiuti umanitari e con strumenti di comunicazione. All'incontro di Istanbul assenti i sostenitori di Assad: Cina, Russia, Iran. L'opposizione divisa.

Istanbul (AsiaNews) - I ricchi Paesi del Golfo hanno deciso di aprire un fondo di 100 milioni di dollari per pagare i salari di tutti i ribelli che combattono Bashar Assad. I soldi saranno dati anche ai soldati governativi che decidono di disertare. È questa la proposta più importante decisa nella conferenza degli "Amici della Siria", radunatasi ieri in Turchia. L'incontro ha deciso di riconoscere come "legittimo rappresentante" del popolo siriano il Consiglio nazionale siriano (Cns), un aggregato di vari gruppi di oppositori, con sede all'estero. Esso sarà anche il gestore dei fondi assegnati.

Al raduno hanno partecipato rappresentanti di circa 70 Paesi. I più decisi a far cadere il potere di Assad  rimangono la Turchia, il Qatar, l'Arabia saudita e gli Stati Uniti. Sauditi e Qatar  chiedevano non solo di sovvenzionare i ribelli, ma anche armarli. Su questo punto, però non vi è unità perché alcuni Paesi temono che questa mossa farebbe scivolare in una completa guerra civile il Paese.

Gli Stati Uniti, per bocca di Hillary Clinton, hanno promesso di sostenere i ribelli inviando strumenti per la comunicazione. Gli Usa hanno anche deciso di inviare aiuti umanitari ai combattenti per circa 25 milioni di dollari.

All'incontro di Istanbul erano però assenti i sostenitori di Assad, Cina, Russia e Iran, i quali - dopo alcuni veti a risoluzioni Onu - hanno deciso di appoggiare il piano di Kofi Annan per la fine delle violenze in Siria, che durano da oltre un anno e hanno già fatto 9mila morti.

La Siria, da parte sua, mostra molta sicurezza e afferma che ormai le rivolte sono domate. Jihad al-Makdissi, ministro siriano degli esteri, ha dichiarato alla televisione che "la battaglia per far cadere lo Stato è terminata". Ma le violenze continuano: secondo fonti della rivolta, ieri vi sono state almeno 70 vittime in tutto il Paese.

Il Cns ha già da tempo ricevuto promesse di aiuti pari a 176 milioni di dollari in mezzi di assistenza umanitaria, oltre ai 100 milioni per i salari dei combattenti. La loro idea è che grazie al fondo e alla sua gestione, ci possa essere maggiore unità nell'opposizione ad Assad, attualmente divisa fra ribelli armati, disertori, gruppi in patria e all'estero.