West Bengal: polizia e governo ignorano una famiglia cristiana, vittima di persecuzione
di Nirmala Carvalho
Da mesi una coppia pentecostale della House Church Fellowship riceve minacce di morte da fondamentalisti islamici. A fine marzo, aggredita l’intera comunità; una vedova di 65 anni è stata picchiata. Gli agenti potrebbero accettare una nuova denuncia per minacce, a patto che non si nomini l’aggressione.

Mumbai (AsiaNews) - "Le forze dell'ordine e il governo ci ignorano: non hanno mai accettato le nostre denunce": a parlare è Aimazan Bibi, cristiana del villaggio di Nutangram (distretto di Murshidabad, West Bengal). Da mesi lei, suo marito Gaffar Shaike e la comunità pentecostale cui appartengono ricevono minacce di morte da un gruppo di fondamentalisti islamici. Sajan K George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), ha lanciato un appello al chief minister dello Stato affinché "salvi la vita di questi cristiani", aggrediti "in modo brutale" e "ancora minacciati a morte".

Tutto è iniziato il 30 marzo scorso. Un gruppo di sette musulmani guidato da Mohammed Aanu Shaike ha fatto irruzione nella House Church Fellowship, dove 11 persone erano impegnate in un servizio di preghiera. Prima hanno intimato al pastore, Gaffar Shaike, di interrompere ogni attività. Di fronte all'iniziale rifiuto del cristiano, gli aggressori hanno iniziato a chiamarli "infedeli" e a picchiare e insultare i presenti. Uno di loro ha aggredito una vedova di 65 anni, Moyazan Bewa. Nel frattempo, altri musulmani sono arrivati, incitando i fondamentalisti all'aggressione, solo perché si trattava di cristiani.

Il giorno seguente, il pastore ha presentato una denuncia alla polizia locale. Tuttavia, gli agenti non hanno registrato il caso. Poco tempo dopo, il 5 aprile scorso, Mohammed Aanu Shaike ha minacciato Aimazan Bibi di ucciderla, dopo averla vista parlare con una donna musulmana.

"Il 29 maggio - spiega la donna - la polizia ha detto che accetterà una nuova denuncia per minacce: ma non possiamo menzionare i fatti del 30 aprile".

"Da allora - dichiara Sajan George ad AsiaNews -, questa famiglia non ha più avuto pace e vive nella paura. Chiediamo che la National Human Rights Commission si occupi del caso e fornisca protezione per la vita e la libertà religiosa di questa famiglia".