Mons. Sabbah: La jihad del digiuno per Sharon e Abbas

Messaggio della Quaresima di mons. Michel Sabbah, patriarca Latino di Gerusalemme.


Gerusalemme (AsiaNews) - La preghiera, l'elemosina e soprattutto il digiuno, i capisaldi della Quaresima cristiana che inizia domani, sono il vero "jihad", il vero combattimento in cui impegnarsi. Lo ha detto sua beatitudine Michel Sabbah nel suo Messaggio della Quaresima distribuito oggi a Gerusalemme. Poiché "la vita interiore è un combattimento", ha detto il patriarca, occorre digiunare per diventare "persone libere capaci di vivere secondo lo spirito, e di fare il bene che vogliamo".

Il digiuno e l'elemosina , continua mons. Sabbah, rendono più vicini alle "vittime dei recenti terremoti e maremoti avvenuti nei due continenti dell'Asia e dell'Africa" e alle "vittime delle malattie incurabili". In un chiaro riferimento alla situazione israelo-palestinese, con una bilanciata critica all'occupazione israeliana e al terrorismo palestinese, il patriarca afferma che la quaresima ci mette in comunione "con le vittime delle ingiustizie imposte dall'uomo ai suoi fratelli e sorelle in nome dell'interesse nazionale, o in nome della pura violenza come unica via per la pace".

Il patriarca cita però anche dei "segni di speranza": in riferimento ai dialoghi fra Israele e Autorità Palestinese, egli dice che "nella nostra Terra Santa, [vi è ] un nuovo soffio di giustizia e di ragione. Vediamo anche un nuovo sforzo della comunità internazionale". Mons. Sabbah rende "grazie a Dio" per questo e chiede a Lui "di sostenere i capi nelle loro nuove visioni".

Proprio nei confronti dei "capi" vi è la richiesta più esigente. Il digiuno – egli dice – deve purificare le "intenzioni" e  gli "egoismi individuali o nazionali" di  "coloro che detengono il potere" Solo il digiuno quaresimale "permette ai capi di vedere e sapere che sono delegati per servire e salvare, e che faccia loro capire che tutte le persone umane, di tutti i popoli, sono ugualmente create e amate da Dio, che non sono divise in due campi, le buone e le cattive, le forti e le deboli". Il digiuno, conclude il patriarca,  rende capaci di vedere Dio "in ogni fratello e sorella al di là di qualsiasi barriera religiosa, nazionale o geografica".