Mentre a Damasco ancora si combatte, cresce la preoccupazione per i depositi di armi chimiche
Il timore è che in caso di collasso del regime finiscano nelle mani di al Qaeda. I ribelli preannunciano l'attacco alla sede della televisione di Stato. Assad e la moglie avrebbero lasciato la capitale. Scarse possibilità di misure concrete dalla riunione di oggi del Consiglio di sicurezza.

Beirut (AsiaNews) - Colonne di fumo si levano oggi su Damasco, a segnalare gli intensi combattimenti in corso ancora stamattina. Dopo l'attentato di ieri in cui sono morti il ministro della Difesa, il suo vice e il capo dell'unità di crisi, i ribelli hanno annunciato l'intenzione di attaccare la sede della tv di Stato. Ai dipendenti dell'emittente è stato lanciato un ultimatum perché lascino "immediatamente" l'edificio.

Ieri, secondo il Syrian Observatory for Human Rights ci sarebbero state più di 214 vittime: 124 civili, 62 militari e 28 ribelli.

Quanto sta accadendo a Damasco è visto da più parti come un possibile segnale di un possibile prossimo crollo del regime. Voci non controllate sostengono che il presidente Bashar al-Assad ha lasciato la città per rifugiarsi nella più sicura Latakia, mentre sua moglie sarebbe a Mosca.

La situazione ha spinto il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon a dire che il Consiglio di sicurezza deve "prendersi le sue responsabilità e svolgere un'azione collettiva e concreta" ."Il popolo siriano - ha aggiunto - ha sofferto troppo a lungo. Lo spargimento di sangue deve finire adesso".

L'appello difficilmente troverà una risposta. Spostata a oggi, la riunione del Consiglio di sicurezza appare infatti dominata dal contrasto tra coloro che continuano a dare sostegno al regime di Assad - Mosca e Pechino - e quanti vorrebbero minacciare il governo di ulteriori sanzioni, l'Occidente e i Paesi arabi.

Accanto agli scenari dei combattimenti e dei contrasti politici, un nuovo fronte di timori è costituito dalle armi chimiche in possesso dell'esercito siriano. La preoccupazione che "possano finire in mani non amiche" è stata espressa da re Abdallah di Giordania, intervistato dalla CNN. Il riferimento è a quei gruppi di al Qaeda la presenza dei quali è ritenuta certa in Siria.

Le armi chimiche preoccupano anche gli Stati Uniti. Oggi il New York Times scrive che il consigliere del presidente Obama per la sicurezza nazionale, Thomas Donilon è in Israele e starebbe discutendo la possibilità di un intervento dell'esercito di Gerusalemme contro i depositi militari siriani. (PD)