Risolto il blackout in India, ma ora è allarme infrastrutture
Per due giorni, più di 600 milioni di indiani sono rimasti al buio. Colpiti 20 Stati su 28. È la più vasta interruzione di corrente degli ultimi anni. Secondo gli analisti, la colpa è di reti elettriche troppo obsolete e mancati investimenti nel settore.

Mumbai (AsiaNews/Agenzie) - Torna la luce in India, dopo due giorni di blackout elettrico che ha lasciato al buio più di 600 milioni di persone. A collassare sono state le tre reti elettriche a nord, nordest ed est del Paese, colpendo 20 Stati su 28 del Paese. L'interruzione della corrente ha gettato piccole e grandi città nel caos più totale, provocando ingorghi stradali, incidenti, gravi disagi alla rete di trasporto ferroviario e metropolitano, oltre ai problemi quotidiani legati alla mancanza di luce nelle case. In West Bengal, più di 200 minatori sono rimasti intrappolati sottoterra, ma grazie ad impianti d'emergenza è stato possibile portarli tutti in salvo. Secondo Sushilkumar Shinde, ministro dell'Energia, il blackout è dipeso dall'approvvigionamento eccessivo di energia effettuato da alcuni Stati, che hanno superato i limiti consentiti.

Interruzioni della corrente sono fenomeni comuni nelle città indiane, a causa di una generale carenza di energia e di reti elettriche obsolete. Tuttavia, il collasso di un sistema di collegamento così vasto è raro. Secondo gli analisti, un blackout simile è l'eredità di 60 anni di mancati investimenti nel settore, che hanno reso la terza economia dell'Asia uno dei Paesi più arretrati dal punto di vista di approvvigionamento e fornitura di energia elettrica.

Michael Parker, analista della Sanford C. Bernstein & Co. a Hong Kong, spiega: "La causa immediata di un blackout del genere sembra quasi banale: il problema di base dell'India è che deve migliorare la qualità delle proprie infrastrutture. Per tenere accesa la luce, il Paese deve aumentare la sua capacità energetica; costruire sistemi di trasmissione e distribuzione robusti; garantire forniture e trasporto di carburante, e rivederne i costi. Per fare tutto questo, c'è bisogno di capitale".

Manmohan Singh, primo ministro indiano, è consapevole della necessità di nuove e migliori infrastrutture, e all'inizio di giugno ha lanciato un piano da 1000 miliardi di dollari, che promette nuove strade, porti e autostrade entro i prossimi cinque anni. Eppure, allo stato attuale la situazione non promette scenari rosei. La Coal India Ltd, il più grande produttore di carbone al mondo, non riesce a rispondere al domanda del Paese, che dipende da tale risorsa per più della metà della sua produzione energetica. A rendere più acuta la carenza di carbone vi sono le piogge monsoniche: essendo più scarse, hanno colpito agricoltori e centrali idroelettriche.

Il problema più grave resta quello dei prezzi. Secondo Parker infatti, il governo deve cercare di ridurre i costi di produzione e approvvigionamento dell'energia, visto che quasi 800 milioni di indiani - più della metà della popolazione totale - vivono con meno di 2 dollari al giorno.