Tutte le Cine contro il Giappone che occupa le Diaoyu/Senkaku
di Paul Hong
Cinque attivisti cinesi (di Taiwan, Hong Kong e Cina popolare) sono riusciti a raggiungere a nuoto uno degli isolotti e piantare le loro bandiere e striscioni. Altri 9 sono stati fermati sull'imbarcazione illegale. Tutti saranno deportati a Hong Kong. Reciproche rimostranze diplomatiche fra Pechino e Tokyo. Manifestazioni di protesta contro l'ambasciata giapponese a Pechino e i consolati di Hong Kong e Taipei. Violenti minacce dai giornali del Partito comunista. Cina e Giappone sfruttano il nazionalismo a fini politici.

Hong Kong (AsiaNews) - Il nazionalismo sta cementando tutti i cinesi di Pechino, Hong Kong, Taipei e Macao contro il Giappone che "osa" mantenere il dominio sulle isole Diaoyu (e che Tokyo chiama Senkaku). Quattro giorni fa un'imbarcazione con 14 attivisti  - da tutte le Cine  è partita da Hong Kong per far vela verso gli isolotti nel mar Cinese orientale. Questa volta - a differenza dei loro passati tentativi annuali - alcuni di loro sono riusciti a nuoto a giungere su uno degli isolotti, piantando bandiere e striscioni: la bandiera di Taiwan, tanto odiata da Pechino in altre manifestazioni, si librava nel vento assieme a quella della Repubblica popolare.

Ora i cinque che hanno raggiunto a nuoto l'isola sono ad Okinawa; in giornata dovrebbero anche arrivare gli altri nove. Tutti dovrebbero essere deportati ad Hong Kong, se non hanno compiuto altre azioni illegali eccetto questa "invasione".

L'arcipelago delle Diaoyu/Senkaku consiste di cinque isole e tre atolli, che fanno parte della prefettura di Okinawa, sotto il governo giapponese. Ma i cinesi continuano a reclamarne la sovranità e a fasi alterne tendono in rapporto fra le due maggiori economie asiatiche.

Non è chiaro il valore dell'arcipelago. Si pensa che esse abbiano anzitutto un valore strategico, trovandosi sulla rotta delle più importanti vie marittime; altri affermano che oltre alle acque ricche di pesca, nel sottofondo marino vi siano sterminati giacimenti di gas. Rimane il fatto che esse infiammano l'animo nazionalistico di cinesi e giapponesi.

Ieri Tokyo e Pechino hanno presentato le loro rimostranze reciproche per il gesto. Attivisti giapponesi stanno pianificando un viaggio alle Senkaku per il prossimo weekend. Ma ieri a Pechino, Hong Kong, Taipei e Macao vi sono state dimostrazioni davanti all'ambasciata giapponese e ai consolati. Stranamente, a Pechino la manifestazione non è stata fermata o soppressa, come avviene con altri attivisti.

Oggi i giornali della Cina popolare sono pieni di editoriali che minacciano il Giappone. Il Quotidiano del popolo afferma che la Cina non esiterà "a sradicare l'illusione del Giappone di voler controllare le isole Diaoyu". Il Global Times ribadisce che Tokyo rischia "un confronto totale con la Cina. Qualunque sia la scelta del Giappone, la Cina risponderà a tono".

Osservatori più distaccati fanno notare che Pechino e Tokyo necessitano una buona dose di patriottismo. In Cina, il Partito comunista è alla vigilia di un delicato cambio al vertice che vedrà le dimissioni del presidente Hu Jintao e del premier Wen Jiabao. I giochi sembrano già fatti, ma i vari gruppi di pressione sono divisi. Allo stesso tempo, il Partito gode ormai di una stima che è al suo minimo storico, flagellato di continuo da scandali, corruzioni e soprusi.

In Giappone, il partito democratico del premier Yoshihiko Noda ha un vantaggio minimo sul partito liberale di opposizione, mentre quest'ultimo spinge per una caduta del governo e per nuove elezioni. È forse anche per questo che ieri, all'anniversario della fine della Seconda guerra mondiale, due ministri giapponesi si sono recati in visita al santuario di Yasukuni, che onora i 2,5 milioni di morti della guerra, compresi 14 criminali di guerra. Ogni visita al santuario potenzia il patriottismo dei giapponesi, ma produce un'ondata di critiche da parte dei governi che hanno subito l'occupazione nipponica.