Un tibetano ucciso, sei arrestati in una protesta contro le miniere cinesi in Tibet
Almeno 1000 tibetani hanno manifestato contro la riapertura di una miniera a Markham. La polizia ha sparato proiettili letali. Le compagnie cinesi non rispettano la sacralità dei luoghi e non si curano dell'impatto ecologico dello sfruttamento. Tashi, il giovane 21enne che si è dato fuoco due giorni fa è morto a Ngaba.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) - Le forze di sicurezza cinesi hanno ucciso un tibetano e arrestato altri sei mentre cercavano di disperdere una manifestazione di 1000 persone contro la ripresa dei lavori di sfruttamento di una miniera nella contea di Markham.

I poliziotti, secondo la notizia diffusa da Radio Free Asia, hanno lanciato gas lacrimogeni e sparato proiettili letali contro la folla che si era radunata marciando verso il sito della miniera.

Già in passato vi erano state pesanti manifestazioni, ma la polizia era riuscita a disperderle senza troppa violenza. L'uomo ucciso si chiama Nyima; si conoscono solo cinque nomi dei sei arrestati: Dawa, Atsong, Phuntsog Nyima, Jamyang Wangmo e  Kelsang Yudron.

Lo sfruttamento minerario da parte dei cinesi ha portato spesso a scontri con la popolazione tibetana che accusa le compagnie di non considerare la sacralità dei luoghi e l'impatto ecologico delle estrazioni.
Il sottosuolo tibetano è ricco di rame, cromo, ferro, oro, argento, potassio e gas naturali. Lo scorso anno, il governo cinesi ha potenziato gli investimenti per lo sfruttamento minerario della regione.

Intanto, giunge notizia che uno dei due giovani che si erano dati fuoco il 13 agosto a Ngaba è morto. Si tratta del 21enne laico Tashi, che in passato era stato alla scuola del monastero di Kirti (Sichuan).

Il 14 agosto, i ristoranti e i negozi tibetani di Nagba sono rimasti sbarrati in segno di lutto. Dopo le due auto-immolazioni, i capi del monastero di Kirti sono stati chiamati dalle autorità governative per diversi colloqui.