Paul Bhatti contro ong e attivisti: hanno "speculato" sul dramma della bambina disabile blasfema
di Jibran Khan
Il consigliere speciale del premier per l’Armonia nazionale lavora a stretto contatto con leader musulmani per mantenere la calma e salvare dal carcere Rimsha Masih. Egli promette “sviluppi positivi”, ma non risparmia critiche verso “chi ha sfruttato la vicenda per tornaconto personale”. Vescovo di Islamabad: versioni distorte e atteggiamenti “immaturi”.

Islamabad (AsiaNews) - Un fatto di cronaca "triste" che ha causato la "fuga di oltre 600 famiglie cristiane nel timore di nuove violenze". Così Paul Bhatti, consigliere speciale del Primo Ministro per l'Armonia nazionale, commenta ad AsiaNews l'arresto di una bambina di 11 anni affetta da sindrome di down, che rischia fino all'ergastolo per un presunto caso di blasfemia (cfr. AsiaNews 19/08/2012 Islamabad, 11enne disabile cristiana arrestata per blasfemia; 300 famiglie in fuga). Il politico cattolico non risparmia al contempo critiche contro attivisti e organizzazioni per i diritti umani, che hanno voluto "speculare" sul dramma per un tornaconto personale, manipolando in alcuni casi la realtà. Critiche giungono anche dal vescovo di Islamabad-Rawalpindi mons. Rufin Anthony, secondo cui "molti navigatori e iscritti ai social network" non comprendono "la portata" dei loro commenti e "l'impatto" che possono avere su una vicenda di cronaca.

Nei giorni scorsi Rimsha Masih, una bambina di 11 anni affetta da disabilità mentale, è stata arrestata con l'accusa di aver violato la "legge nera". La giovane avrebbe bruciato 10 pagine di un libro islamico, il Noorani Qaida, usato per imparare le basi dell'arabo e del Corano, per poi scagliarlo nell'immondizia dopo averlo avvolto in un sacchetto di plastica. In risposta, una folla di centinaia di persone ha assaltato la famiglia e minacciato di colpire l'intera comunità cristiana della zona. Ora si trova richiusa nel riformatorio di Rawalpindi, in base a un provvedimento di custodia cautelare di 14 giorni disposto il 18 agosto scorso dalla magistratura.

Il presidente pakistano Asif Ali Zardari segue da vicino la vicenda e ieri ha incaricato il ministero degli Interni di compiere indagini più approfondite. Egli chiede che vengano protette le vite e le proprietà dei cristiani. "Non lasceremo che vengano compiuti abusi in nome della legge sulla blasfemia - ha aggiunto Zardari - e vogliamo assicurarci che essa non sia sfruttata da alcuno per un tornaconto personale". Nel frattempo Paul Bhatti, consigliere speciale del premier per l'Armonia nazionale, ha convocato i leader religiosi musulmani chiedendo la loro collaborazione per mantenere il controllo della situazione e scongiurare ulteriori incidenti. Egli ha anche dato vita a un comitato composto da tre persone, responsabili della sicurezza nell'area.

Commentando ad AsiaNews la vicenda della piccola Rimsha Masih, il politico cattolico pakistano ricorda che la bambina "è affetta da sindrome di down" e "non ha fatto nulla di proposito". Per questo, aggiunge, le sue azioni vanno inquadrare in base all'età e alle condizioni di salute. Egli assicura che "la situazione è sotto controllo" e "presto vi saranno sviluppi positivi". Nel contempo, Paul Bhatti - fratello di Shahbaz, ministro cattolico per le Minoranze religiose, massacrato il 2 marzo 2011 dai fondamentalisti islamici per la sua opposizone alle leggi sulla blasfemia - lancia pesanti accuse contro gli attivisti per i diritti umani e le organizzazioni non governative che hanno voluto speculare sulla vicenda, raccontando "ciascuno la propria versione" e "manipolando le sofferenze dei cristiani".

Egli parla di un comportamento "immaturo" di persone che giocano con la vita di oltre 600 famiglie cristiane. "Essi non hanno alcun interesse alla vita umana" commenta il consigliere speciale per l'Armonia nazionale, che invita a un uso "responsabile" di internet e dei social network. "Basta postare - conclude seccato - notizie non confermate e usare la vita di innocenti per tornaconto personale".

Il monito di Paul Bhatti è condiviso e rilanciato anche da mons. Rufin Anthony, vescovo di Islamabad-Rawalpindi. Il prelato condanna la vicenda e assicura che "la minorenne non ha fatto niente di proposito" e ora "è traumatizzata". Tuttavia, egli condanna il comportamento degli attivisti per i diritti umani, che bolla come "immaturo" per aver postato in rete "versioni personali" e distorte del fatto di cronaca. Il vescovo plaude al ruolo di Paul Bhatti, che "sta compiendo ogni sforzo per mantenere lontani media e internauti" che finirebbero per distorcere gli eventi. Egli ricorda che "è a rischio non solo la vita di Rimsha e dei suoi parenti, ma anche quella di oltre 600 famiglie cristiane" della zona. "Molti fruitori di social network - conclude il prelato - non capiscono che i loro commenti hanno un impatto che neanche immaginano". 

Secondo lo Human Rights Monitor 2011, il rapporto annuale curato dalla Commissione nazionale di Giustizia e pace (Ncjp) della Chiesa cattolica pakistana, nel 2010 almeno 40 persone sono state incriminate per blasfemia. Tra queste vi sono 15 cristiani, 10 musulmani e 6 ahmadi. Le persone assassinate con il pretesto della "legge nera" sono invece 37, fra cui 18 cristiani e 16 musulmani. Nella maggioranza dei casi le morti derivano da omicidi extragiudiziali. Dal 1986 - anno dell'entrata in vigore - al 2010 le persone imputate per blasfemia sono state 1081, di cui 138 cristiani, 468 musulmani e 454 ahmadi.