Massacri del Gujarat: tribunale condanna personalità vicine a Narendra Modi
di Nirmala Carvalho
Sono un ex ministro e un leader del gruppo nazionalista indù Bajrang Dal. Insieme ad altre 30 persone, rischiano l’ergastolo o la pena di morte per il caso di Naroda Patiya, in cui morirono 95 musulmani. P. Cedric Prakash: “La vittoria più grande mai ottenuta dalle vittime del Gujarat”.

Mumbai (AsiaNews) - Un tribunale di Ahmedabad ha condannato 32 persone per il caso di Naroda Patiya, il più grande massacro avvenuto nel 2002 durante i disordini del Gujarat fra indù e musulmani. Tra gli imputati, vi sono anche Maya Kodnani, membro del Bharatiya Janata Party (Bjp, partito nazionalista indù) ed ex ministro dello Stato, e Babu Bajrangi, leader del gruppo radicale indù Bajrang Dal. Entrambi sono vicini a Narendra Modi, chief minister del Gujarat, ritenuto responsabile delle violenze. Per p. Cedric Prakash, direttore del centro gesuita di Ahmedabad Prashant per i diritti umani, la giustizia e la pace, il verdetto "è la più grande vittoria della verità e della giustizia" mai ottenuta dalle vittime della strage.

Contro i condannati pesano due capi d'accusa: cospirazione criminale (art. 120B del Codice penale) e omicidio (art. 302). Nel migliore dei casi, sconteranno il carcere a vita. Nel peggiore, li aspetta la pena di morte.

Istigati dal Vishwa Hindu Parishad (Vhp, gruppo nazionalista affiliato al Bjp), il 28 febbraio 2002 una folla di indù ha attaccato la comunità musulmana di Naroda Patiya, sobborgo di Ahmedabad, uccidendo 95 persone. Il massacro è avvenuto un giorno dopo la carneficina del Sabarmati Express, quando un gruppo di islamici ha aggredito e dato fuoco al treno, a bordo del quale viaggiavo indù di ritorno da Ayodhya, sede di un'antica moschea sequestrata anni addietro dagli indù. L'assalto - in cui morirono 58 persone - ha poi scatenato violenti disordini di matrice interreligiosa in tutto il Gujarat, nei quali la comunità islamica ha pagato il prezzo più alto.

A fronte dei 32 condannati, la corte ha prosciolto altri 29 indagati. Ciononostante, secondo p. Prakash, il verdetto è "un trionfo delle vittime" e "della magistratura indiana", perché conferma "la capacità del nostro sistema giudiziario di sostenere la verità e la giustizia", due "valori non negoziabili, per quanto potente possa essere la persona contro cui si sta combattendo".

Come direttore di Prashant, che da sempre difende la causa delle vittime dei massacri del Gujarat, il gesuita spiega: "Quanto accaduto oggi è una rivalsa anche per tutto quello in cui noi del centro crediamo, e tutto il lavoro fatto con queste persone. All'emissione della sentenza, ho visto gente abbracciarsi e scoppiare in lacrime per la gioia. Le nostre lotte non sono state vane".