Libia, la battaglia per la conquista di Bani Walid divide la popolazione
L’assalto all’ultima roccaforte delle tribù fedeli a Gheddafi è già costato 11 morti e decine di feriti. I miliziani di Misurata, storici rivali del rais vogliono radere al suolo la città anche senza il benestare dell’esercito, ma sono sempre più isolati dalla popolazione. Fonti di AsiaNews raccontano di gesti di solidarietà di ospedali e privati cittadini nei confronti della popolazione assediata.

Tripoli (AsiaNews) -  Nella battaglia per la conquista di Bani Walid, ultima  roccaforte delle tribù fedeli a Gheddafi, non c'è posto per la diplomazia. Ieri sera, le milizie di Misurata hanno bloccato l'auto diplomatica di Mohammed Megaryef, presidente dell'Assemblea nazionale libica, incaricato dal governo di tentare un'ultima mediazione con i capi tribù restii a consegnare la città in mano all'esercito considerato troppo vicino ai ribelli. I leader della tribù Warfalla la stessa di Gheddafi e la più numerosa della Libia, temono per le loro vite e citano il massacro di Tawarga, città fedele al rais rasa al suolo nel ottobre 2011 dalle milizie di Misurata.

La caccia agli ultimi fedeli al regime, sta però dividendo la Libia. Fonti di AsiaNews raccontano di forze esterne che lavorano per mantenere il Paese nel caos e impedire una vera riconciliazione. "I libici - spiegano - soprattutto i giovani, sono stanchi della guerra, che ha portato il Paese indietro di 50 anni e scatenato odi fratricidi fra le famiglie". Seguendo l'esempio della popolazione di Bengasi, lo scorso 16 ottobre diversi giovani di Misurata hanno assaltato i depositi di armi in mano ai miliziani che controllano la città. L'azione ha rallentato di alcuni giorni l'attacco a Bani Walid ritenuto da molti "un inutile spargimento di sangue".

Alle armi dei guerriglieri, molti libici rispondono con gesti di solidarietà nei confronti dei propri concittadini. Le fonti di AsiaNews confermano che diverse città hanno inviato in forma anonima aiuti alla roccaforte gheddafiana. Nei giorni scorsi gli ospedali di Tripoli, Misurata e Bengasi hanno consegnato a una piccola delegazione neutrale pacchi con medicinali, cibo e beni di prima necessità. "Lo scambio - precisano le fonti - è avvenuto di nascosto e in forma discreta. La popolazione ha paura dei miliziani e teme rappresaglie". In parallelo alle iniziative militari, crescono anche le associazioni e organizzazioni umanitarie gestite da giovani libici. La più recente è l'organizzazione "No Name - No limits" fondata lo scorso 12 settembre a Tripoli per aiutare le famiglie colpite dalla guerra, senza distinzioni di tribù o fazioni.   

Iniziata lo scorso 17 ottobre senza l'autorizzazione dell'esercito, la lotta per sconfiggere gli ultimi fedeli del rais è già costata 11 morti e centinaia di feriti. L'attacco è avvenuto a un anno dalla liberazione della città da parte dei guerriglieri islamisti di Misurata. Da settembre essi tengono sotto assedio la città scelta dal rais come ultima roccaforte e hanno annunciato di vendicare la morte di Omar ben Shaaban, 22 anni, artefice della cattura di Gheddafi, ucciso il 25 settembre dai guerriglieri di Bani Walid. (S.C.)