Per la visita di Obama, il governo birmano libera 450 detenuti
di Francis Khoo Thwe
Con ogni probabilità si tratta di prigionieri comuni e dissidenti. Per gli esperti è un gesto “di buona volontà” in vista della visita del presidente statunitense. Ex prigioniero politico definisce i provvedimenti di amnistia “merce di scambio” con l’Occidente. Aung San Suu Kyi: il Myanmar “non ha ancora raggiunto l’obiettivo di una piena democrazia”.

Yangon (AsiaNews) - Il governo riformista birmano ha ordinato la liberazione di 450 prigionieri, che verranno rilasciati nella giornata di oggi. Analisti ed esperti di politica interna sottolineano che l'amnistia è un gesto di buona volontà, in vista della storica visita ufficiale del presidente statunitense Barack Obama - da poco confermato al secondo mandato - in Myanmar in programma la prossima settimana. Al momento non vi sono conferme sulla presenza di detenuti politici fra i detenuti che lasceranno oggi la cella, ma in passato i provvedimenti di grazia emessi dal presidente riformista Thein Sein hanno riguardato prigionieri di coscienza e criminali comuni.

Il rilascio di (parte dei) detenuti politici è uno dei punti caratterizzanti il cammino di democratizzazione impresso al Paese dall'attuale capo di Stato, dopo cinque decenni di regime militare che hanno oppresso l'ex Birmania. Fra le altre vi sono anche l'abolizione della censura preventiva sulle pubblicazioni, la promulgazione di leggi che consentono manifestazioni (pacifiche) di piazza e il libero associazionismo sindacale.

Fonti di AsiaNews nel Paese confermano la sensazione di "maggiore libertà che si respira", in un Paese in "rapida evoluzione nel breve volgere di un anno". Più possibilità di spostamento e meno controlli, una rapida diffusione dei telefoni cellulari, quando in passato erano riservati solo alle élite, la crescita dell'economia sono ormai un dato di fatto. I cambiamenti hanno spinto i governi occidentali, fra cui Washington, a cancellare o rimuover in parte le sanzioni economiche e commerciali al Myanmar, dando vita a una nuova fase nei rapporti con Naypyidaw.

Fino all'aprile 2011, quando si è assistito al passaggio dei poteri fra la giunta militare e il governo semi-civile - sebbene controllato dall'esercito che detiene la maggioranza in Parlamento fra propri rappresentanti ed ex militari - nel Paese vi erano 2mila detenuti politici. I movimenti di opposizione e gli attivisti all'estero sottolineano che "vi sono ancora almeno 330 prigionieri di coscienza" nelle carceri birmane.

Tuttavia, non mancano le voci critiche come quella di Ko Ko Gyi, ex detenuto politico, secondo cui Thein Sein ha attuato un "uso strategico" del rilascio dei prigionieri, giudicata come "una merce di scambio" se si considera "la tempistica" dei provvedimenti di amnistia. Il precedente risale al settembre scorso, a pochi giorni dallo storico viaggio del presidente negli Stati Uniti per partecipare all'Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York.

Sulla situazione in Myanmar è intervenuta anche la leader dell'opposizione e Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, la più famosa fra i detenuti politici birmani, che ha trascorso 15 degli ultimi 21 anni agli arresti domiciliari. Nel contesto del viaggio in India, la "Signora" ha chiesto cautela nel giudicare le riforme promosse dal governo birmano, sottolineando che il Paese "non ha ancora raggiunto l'obiettivo di una piena democrazia".