Riyadh, controllo sulle donne: i mariti ricevono sms in caso di espatrio
Il servizio รจ attivo da alcuni giorni. Esso serve per controllare i viaggi all'estero delle donne che devono essere sempre accompagnate da un uomo. Attivista saudita per i diritti umani denuncia la condizione delle donne prigioniere nel loro stesso Paese.

Riyadh (AsiaNews/ Agenzie) - Un sms per controllare i viaggi delle donne fuori dal regno. E' una delle nuove misure di "sicurezza" riservate agli esponenti del gentil sesso in Arabia Saudita. Attivo da alcuni giorni il servizio avvisa il "custode" della donna (padre, marito, fratello o tutore) quando essa lascia il Paese, inviando un messaggio sul cellulare. La misura è così efficiente da avvisare il tutore anche se lui stesso è in viaggio con l'interessata. Elaborato in segreto dall'ufficio dell'emigrazione di Riyadh, il sistema è stato scoperto proprio da un marito: mentre si trovava in aeroporto con la moglie l'uomo ha ricevuto un sms sul cellulare con scritto che la "consorte stava lasciando il Riyadh International Airport". Sconcertato dall'accaduto, egli ha contatto Manal al-Sharif, nota attivista per i diritti delle donne, che ha rilanciato il caso sui social network.

"Le autorità utilizzano la tecnologia per monitorare le donne", afferma la scrittrice Badriya al-Bishr che denuncia "lo stato di schiavitù in cui vivono le saudite, siano esse mogli, madri, vedove, ricche o povere". Secondo la legge islamica, nessuna di loro può lasciare il Paese senza l'autorizzazione firmata dal tutore. "Questa tecnologia - continua la al-Bishr - è frutto di una mentalità arretrata che vuole mantenerci alla stregua di detenute".

La decisione del governo ha scandalizzato non solo le donne, ma anche molti uomini. Su Twitter uno di loro ironizza: "Fra qualche anno il governo inserirà nelle nostre mogli un microchip, in modo da poterle seguire ovunque!".

Il nuovo metodo di controllo giunge dopo lo scandalo suscitato dalla fuga in Svezia di una donna convertita al cristianesimo. La vicenda, venuta alla luce in agosto, riguarda una giovane donna impiegata in una banca di al-Khari (Arabia Saudita orientale) entrata in contatto con il cristianesimo attraverso il suo responsabile di nazionalità libanese e un collega saudita. Affascinata dalla nuova religione, la ragazza avrebbe deciso di fuggire prima in Libano e in seguito in Svezia, dove attualmente risiede. Secondo le indagini, essa è riuscita ad espatriare grazie alla complicità di un funzionario dell'ufficio passaporti di al-Kharj che ha falsificato l'autorizzazione firmata dal tutore, in questo caso il padre della donna. Egli ha depositato in agosto una denuncia per scomparsa che ha condotto la polizia sulle tracce dei due uomini, che sono ancora detenuti e dovrebbero andare a processo entro la prossima settimana. L'accusa è di aver cercato di convertire la donna, abbandonando l'islam, e di averla aiutata a uscire dal Paese. Lo scorso 13 novembre il genitore della giovane ha inviato una lettera alle autorità saudite per forzare il rimpatrio della figlia.

In Arabia Saudita le donne vivono sotto i rigidi dettami della legge coranica. Esse sono obbligate ad indossare il velo integrale, ad uscire di casa solo se accompagnate da uomini e non possono guidare le auto. L'attivista Souad al-Chammari, prima donna avvocato autorizzata a difendere i casi femminili nei tribunali sauditi, ha più volte affermato che "nel Paese non ci saranno mai riforme concrete, senza un cambiamento delle condizioni della donna, trattate come 'bambine' anche quando ricoprono alte cariche all'interno di aziende". Per l'attivista, la rigida applicazione della sharia è un danno anche economico per il Paese. Il tasso disoccupazione fra le donne saudite è superiore al 30%. 

In questi anni re Abdullah ha dato il via ad alcune timide riforme per migliorare la loro condizione. In ottobre  ha concesso alle donne il diritto di voto alle elezioni comunali nel 2015 e ha diminuito i poteri della mutawa, la terribile polizia religiosa, che controlla il rispetto dei dettami della sharia fra la popolazione. In passato altri monarchi hanno tentato di riformare la società saudita. Il primo è stato re Faysal, che negli anni '60 ha introdotto l'istruzione obbligatoria anche per le ragazze. Oggi, le giovani laureate sono più numerose dei loro colleghi maschi.