Il voto per la Palestina all'Onu, le minacce di Israele
di Joshua Lapide
Il 29 novembre l'Assemblea generale delle Nazioni Unite voterà per ammettere la Palestina come Stato non-membro. Diplomatici palestinesi sperano in una "piacevole sorpresa", fiduciosi che almeno 150 Stati su 193 voteranno a favore. Qualche dubbio su alcuni Paesi europei. Israele ha lanciato un'offensiva diplomatica per fare pressioni su governi e presidenti nel mondo e contrastare la mossa palestinese. Si teme che dopo il voto all'Onu la Palestina chieda di entrare anche nella Corte internazionale dell'Aia, mettendo sotto accusa i crimini di guerra e le colonie israeliane illegali. Per Avigdor Lieberman è "una dichiarazione di guerra".

Gerusalemme (AsiaNews) -  Fra tre giorni l'Assemblea generale dell'Onu voterà per il riconoscimento della Palestina come Stato non-membro. Nell'attesa, diplomatici palestinesi cercano nuovi appoggi per assicurarsi la vittoria, ma anche Israele ha messo in atto una offensiva diplomatica per fermare questo passo visto da alcuni suoi politici come "una dichiarazione di guerra".

Il voto all'Onu è previsto per il 29 novembre, anniversario dell'accettazione del Piano di partizione del 1947, che  prevedeva uno stato arabo e un stato ebraico, ma quello arabo non fu mai creato. Il 29 è anche la Giornata internazionale dell'Onu in solidarietà con il popolo palestinese.

Il tentativo di entrare nell'Onu come Stato non-membro segue un altro tentativo, che l'Autorità palestinese ha compiuto lo scorso anno, di far riconoscere la Palestina come membro a pieno titolo delle Nazioni Unite.  Quest'ultimo passo è fallito per la minaccia di veto degli Stati Uniti e l'astensione di alcuni Paesi europei al Consiglio di sicurezza.

Le votazioni dell'Assemblea non sono soggette al veto dei membri del Consiglio di sicurezza. Per questo, l'Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp), pensa che il 29 novembre vi saranno "piacevoli sorprese". Essa si attende il sostegno di almeno 150 Stati su 193. Gli Stati Uniti hanno cercato di ritardare l'appuntamento ed è molto probabile che la Germania si astenga. Il timore dell'Olp è che Paesi europei e Stati Uniti usino la loro influenza economica per convincere altri Stati a togliere il loro sostegno.

Ad oggi, secondo fonti palestinesi, almeno sette rappresentanti dell'Unione europea hanno detto che voteranno a favore della Palestina come non-membro; altri cinque Paesi europei avevano già espresso il loro sostegno, fra cui Bielorussia e Ucraina, la Francia ha indicato che sicuramente voterà in favore.  

Lo scorso 22 novembre, il parlamento europeo ha approvato una risoluzione su Gaza, in cui fra l'altro si afferma che il parlamento "sostiene,... la domanda presentata dalla Palestina per diventare uno Stato osservatore non membro delle Nazioni Unite". La risoluzione lascia però spazio a scelte diverse.

"Chiunque non voti a favore - ha detto un diplomatico palestinese - è un codardo o un immorale". Anche perché "un voto contro sarebbe un segnale per il popolo palestinese che solo la lotta armata può portare a qualche risultato, mentre la pressione diplomatica è destinata al fallimento".

Il riferimento è alla tregua firmata fra Hamas e Israele dopo gli scontri della scorsa settimana, da molti vista come una vittoria di Hamas e un'umiliazione per Mahmoud Abbas, (v. foto) presidente dell'Autorità palestinese (Ap).

Che questa fosse uno degli scopi dell'operazione militare "Pilastro di difesa", a pochi giorni dal voto all'Onu, è dimostrato anche dalla grande offensiva diplomatica messa in atto dal ministro  israeliano degli esteri, Avigdor Lieberman nelle scorse settimane.

Secondo il giornale Haaretz, l'11 novembre, Lieberman, ha inviato messaggi a tutte le ambasciate di Israele nel mondo chiedendo loro di premere su ministeri degli esteri, gabinetti dei primi ministri, uffici della sicurezza nazionale e uffici presidenziali perché fermino l'iniziativa palestinese che potrebbe avere "enormi conseguenze".

Lieberman ha anche avuto tre giorni di incontri a Vienna con gli ambasciatori israeliani dei Paesi Ue, dove ha presentato alcune possibili decisioni come ritorsione ai passi dei palestinesi. Egli ha prospettato il blocco del versamento delle tasse, che Israele raccoglie a nome dell'Ap; la cancellazione degli accordi di Oslo [che prevede zone autonome nei Territori in vista di uno Stato palestinese]; l'annullamento dei permessi di lavoro in Israele per migliaia di palestinesi.

Il terrore di Israele viene dal fatto che un riconoscimento della Palestina come Stato non membro permetterebbe all'Ap di domandare l'entrata come membro nella Corte internazionale dell'Aia. In tal modo l'Ap potrebbe aprire contro Israele processi  per crimini di guerra (v. Gaza) o contro le costruzioni di colonie in territori occupati con la forza. Israele non è membro del Tribunale internazionale; ciò significa che ogni decisione di quest'ultimo non obbliga Israele. Ma una serie di processi contro Israele o personalità politiche israeliane potrebbe incrementare boicottaggi o veto sulle importazioni delle produzioni dalle colonie israeliane illegali.

Durante un incontro con il premier Benjamin Netanyahu, Lieberman ha detto che il solo avvicinarsi della Palestina alla Corte internazionale sarebbe "una dichiarazione di guerra" che merita una risposta ancora più dura dell'iniziativa palestinese all'Onu.